Elezioni 2022, il prof. Pira: «La politica parla la lingua peggiore, quella populista»

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Sono passati tre mesi dall’ultima volta che, su queste pagine, abbiamo parlato di elezioni con il sociologo Francesco Pira, Professore Associato di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi e Direttore del Master in Esperto Comunicazione Digitale PA e Impresa dell’Università degli Studi di Messina. Era giugno, Messina stava per eleggere la nuova Amministrazione comunale e noi ci affacciavamo al mondo della comunicazione politica ed elettorale muovendoci dentro “Le regole del comizio perfetto“. Adesso la “posta in gioco” è più alta, ma gli elettori rimangono i veri protagonisti di questa doppia tornata elettorale del prossimo 25 settembre 2022; data in cui verranno eletti Presidente del Consiglio e Presidente della Regione Sicilia. Così non potevamo farci sfuggire questa occasione e abbiamo di nuovo intercettato il prof. Pira, autore tra gli altri de “La Net Comunicazione Politica” (Franco Angeli, 2012), per non farci trovare impreparati alle prossime elezioni politiche e regionali 2022.

Elezioni 2022, il prof. Pira: «sovvertita la narrazione politica»

Prof., ci ritroviamo di nuovo alle urne per le elezioni politiche e le regionali 2022, come sta andando secondo lei la campagna elettorale dei “big” nazionali che fanno da traino per i candidati siciliani? «I temi della campagna elettorale per le nazionali stanno oscurando quelli che sono i temi più importanti per i siciliani che hanno bisogno di capire quale sarà il lavoro del nuovo Governo nella prossima legislatura. Anche i big nazionali venuti in Sicilia hanno parlato poco della nostra terra ma hanno provveduto a catapultare molti candidati di altre regioni che sconoscono i veri problemi dell’isola. Questo ha sovvertito entrambe le narrazioni in Sicilia della politica».

Rimanendo sempre sulle elezioni politiche, questa instabilità di governo potrebbe allontanare ancora di più i cittadini dalla vita politica? «Sì, a 13 giorni delle elezioni tutti i sondaggi che abbiamo provato ad interpretare ci dicono che gli indecisi sono tantissimi, in tutte le aree politiche, e soprattutto i delusi e gli arrabbiati si sono moltiplicati.  È difficile calcolare la disaffezione al voto perché il numero delle liste per le regionali e dei candidati è alto e questo può spingere molti siciliani ad andare alle urne ma è chiaro quello che molti osservatori nazionali, da Mentana, al Direttore del Corriere della Sera, Fontana, a molti sondaggisti come Nando Pagnoncelli hanno previsto: ci possono essere nelle urne molto soprese. Tira un vento di protesta e di rivendicazione forte dell’identità regionale rispetto a schemi vecchi di una politica che non riesce più a parlare ai cittadini. Anche la comunicazione sui social rispecchia questi elementi».

Arriviamo alle regionali, l’anticipo delle elezioni (con le dimissioni di Nello Musumeci) ha messo i candidati “nei guai” rispetto alla campagna elettorale? «Più che i candidati ha messo nei guai noi siciliani e italiani. Il Governo doveva completare cose importanti e partiti e movimenti anche in Sicilia avrebbero avuto più tempo per selezionare candidati e lavorare su accordi. Invece tutti si sono catapultati in una campagna elettorale tra mare e cielo, con poche idee e molto confuse. Questo ha prodotto una comunicazione che ha stordito i cittadini preoccupati per la situazione economica e sanitaria molto preoccupante. Da tutti i sondaggi emerge la rabbia e la preoccupazione dei cittadini che cercano la donna o l’uomo forte che da solo al comando possa risolvere con una bacchetta magica i problemi. Vedremo cosa accadrà nelle urne».

Anche stavolta parliamo di sondaggi, nello specifico quello di Demopolis che dice che il 40% dei siciliani non sa che si voterà per il nuovo presidente della Regione, come è possibile? «È possibile perché di colpo ci siamo ritrovati a votare le nazionali e le regionali quando avremmo voluto votare a novembre per il nuovo Presidente della Regione e il nuovo Parlamento Regionale e nella prossima primavere per il Parlamento Nazionale. Credo che in pochi sappiano ancora oggi come si vota e sarà difficile, anche bombardando le siciliane e i siciliani, le italiane e gli italiani di spot, risolvere il problema».

Perché c’è spesso l’impressione che i temi di cui parla la politica non siano aderenti con la realtà quotidiana? «Non è un’impressione ma ormai una certezza. La politica non parla nemmeno più il politichese. Parla la lingua peggiore quella populista che dà ragione a tutti e torto a tutti. I cittadini si trovano davanti a candidati che provano a dire quello che vorrebbero sentirsi dire. E lì nasce il vero problema: tanta confusione. L’altro aspetto che determina una cattiva comunicazione politica è quello della disinformazione spesso legato alla deideologizzazione. Prima il voto era un rito, si votava per fede. Oggi le ideologie sono passate di moda. Anche i nostalgici sono arrabbiati e delusi e quindi avremo delle sorprese».

Cosa sta mancando in questa campagna elettorale regionale? «I confronti tra i candidati. Tutti puntano a nascondersi ed evitare il più possibile di sottoporsi al giudizio degli elettori capendo tutti insieme cosa sono capaci di promettere e possono realizzare. Ho sentito candidati che parlano di mancanza assoluta di par condicio per le elezioni regionali. Ci sono poche convention, pochi momenti di scambio sui grandi problemi della nostra isola. C’è molta propaganda e poca comunicazione politica. E i social non servono per ascoltare ma per imporre i temi che fanno comodo seguendo mode, con discorsi di circostanza. C’è chi si nasconde e chi urla. In Sicilia è sempre accaduto di tutto alle regionali e anche alle nazionali. Ne vedremo delle belle anche questa volta. Ma la buona comunicazione politica, mi creda, è già la grande sconfitta di entrambe le competizioni elettorali».

A questo link vi raccontiamo chi sono i candidati alla Presidenza della Regione Siciliana.

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