Teatro Vittorio Emanuele, dopo aver nominato il commissario la Regione scioglie il Cda

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Dopo la nomina di Salvatore Jervolino come nuovo commissario dell’Ente Teatro Vittorio Emanuele, la Regione azzera anche il Consiglio d’Amministrazione. Palermo mette così fine a mesi e mesi di polemiche iniziate lo scorso mese di giugno, quando a rassegnare le dimissioni dal Cda fu Totò D’Urso emulato pochi mesi dopo da Giovanni Moschella.

Ma la crisi si è trasformata in una vera e propria paralisi amministrativa tra novembre e dicembre quando, dopo alcune criticità riscontrate dal collegio dei revisori dei conti, a rassegnare le dimissioni furono Carmelo Altomonte, il vicepresidente del Cda Daniele Macris e il consigliere Giovanni Giacoppo. Con un consiglio ormai quasi azzerato e senza numeri per poter produrre atti amministrativi, alla Regione non restava altro da fare che intervenire, così pochi giorni fa, l’assessore Anthony Barbagallo, ha nominato come commissario proprio Jervolino, già presidente del collegio dei revisori dei conti.

Così lo scioglimento del Cda diventava un atto dovuto, decisione presa il 28 dicembre scorso quando la Giunta Crocetta ha prodotto la delibera numero 441. Nell’atto si fa esplicito riferimento alle dimissioni di Carmelo Altomonte, nominato a suo tempo proprio in quota alla Regione: “Il collegio dei revisori dell’Ente ha evidenziato criticità in ordine alla gestione del Teatro nel 2015. Inoltre il 21 novembre l’Ente trasmetteva le dimissioni dalla carica di consigliere di amministrazione di Carmelo Altomonte , rassegnate a seguito dei suddetti rilievi formulati dal collegio dei revisori. Successivamente con nota n°5853 del 9 dicembre l’Ente trasmetteva le dimissioni del vicepresidente del Cda Daniele Macris motivate dal “progressivo degrado delle condizioni di operatività e talora di trasparenza per come emerge da recenti documenti, che, con la stessa sono state presentate le dimissioni del consigliere avv. Giovanni Cacioppo, per motivi personali e  professionali; che pertanto venendo a  mancare la maggioranza dei componenti dell’organo collegiale, gli ordinari organi dell’Ente risultano carenti della “legitimatio ad ufficium”con conseguente stasi dell’attività dell’Ente”.

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