La Cripta dagli anni ’60 ad oggi
Oggetto di tavole, stampe e resoconti da parte dei viaggiatori del Grand Tour, la Cripta del Duomo rappresenta oggi una delle poche testimonianze della Messina antica. Diversi furono gli interventi realizzati nel corso del tempo per tutelare e proteggere la struttura, spesso vittima di pericolose infiltrazioni: «Infiltrazioni – spiega Franz Riccobono – provocate dal fatto che il ramo settentrionale del torrente Portalegni transitava da piazza Duomo, non a caso detta contrada Fiume, per scaricarsi nelle acque del Porto. Nel 1500, per evitare l’interramento del Duomo, il corso del torrente viene deviato lungo l’attuale asse della via Tommaso Cannizzaro scaricando nello Stretto, nei pressi del Cavalcavia».
Tuttavia, «negli anni 1970 – spiega Franz Riccobono –, con il rifacimento del corso Garibaldi, venne interrotto l’antico canalone di scolo che consentiva il versamento nel Porto delle acque della falda, che avevano costituito da sempre un problema per la Cripta. L’occlusione di questo scarico comportò la risalita delle acque di falda e quindi l’allagamento della nostra struttura, che di conseguenza venne chiusa ad ogni forma di fruizione».
«Tra la fine degli anni ’90 – spiega Franz Riccobono – si provvede all’eliminazione del problema con lavori di impermeabilizzazione che durarono vari anni e che ebbero un costo di circa 6 miliardi di lire. Ciononostante però la Cripta non è stata ancora oggi restituita pienamente alla fruizione. Durante i lavori di restauro si provvide a riportare il pavimento, per quanto possibile, alla quota originaria, dando finalmente slancio alle numerose colonne e all’intera struttura in precedenza ribassata rispetto all’impianto originale».
«I lavori di impermeabilizzazione – chiarisce Riccobono – prevedevano la realizzazione di una guaina sottostante l’attuale pavimento in massetto di cemento. In realtà, l’eliminazione del problema della risalita della falda è stato risolto con due pozzi con pompe idrauliche aspiranti prementi che raccogliendo le acque le riversano nel condotto fognario».
«In tale occasione – prosegue – fu rilevata la presenza di vari piani di calpestio e relativa pavimentazione in coccio o in pietra che sono stati recuperati dalla Sovrintendenza e conservati in attesa di una loro valorizzazione. Tale circostanza dimostra che il problema delle infiltrazioni in questo edificio, oggi divenuto ipogeico (sotterraneo, ndr), risalgono ad età medievale. A questo proposito, è importante sottolineare che gli scavi eseguiti per una quota di oltre un metro non hanno fatto rilevare la presenza in loco di sepolture dirette o in sarcofagi, solo una vasca in marmo probabilmente di età tardo-romana».
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