Zona falcata, FreeDem: “Speriamo sia finito il tempo delle chiacchiere”

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L’associazione culturale FreeDem Messina interviene sul futuro della zona falcata a poche ore dal tavolo tecnico tenutosi all’Università in cui è intervenuto anche il presidente della Regione Rosario Crocetta. L’associazione affida il proprio pensiero alle parole del presidente Alessandro Russo e di Francesco Palano Quero, componente Assemblea Nazionale del Partito Democratico.

“L’occasione del sopralluogo del presidente della Regione  nella Falce portuale di Messina  spinge a formulare alcune riflessioni che si ritengono utili al prosieguo del generale dibattito sul tema del rilancio dell’affaccio a mare di Messina. Innanzitutto – spiegano Russo e Quero –  ci si augura che la visita di oggi non ricalchi l’andazzo delle analoghe e numerose visite che negli stessi luoghi, altri amministratori regionali pro tempore fecero nel passato, anche non recente.  Le tante promesse le ricordiamo da Cuffaro in poi. Le ricordiamo da parte di tanti assessori, messinesi e non, che accompagnavano con grande enfasi i sopralluoghi nel porto storico di Messina.  Nel frattempo, alle tante promesse sono seguiti altrettanto solenni buchi nell’acqua. Di più: pur essendoci fondi e risorse, si sono perduti nei rivoli della politica dei sopralluoghi. Così, per strada, si è perduto il CDAC, che per anni fu al centro del dibattito politico cittadino.  Così, per strada, si devono racimolare qui e lì le risorse necessarie per togliere i veleni da quell’area della città, per abbattere ecomostri simili a cancri sul territorio migliore di Messina.  Così, per strada, non vorremmo che le risorse tanto decantate – a far fronte sulla programmazione 2014 -2020 – finiscano come le altre tante risorse che, c’erano e finirono altrove.

Speriamo di sbagliarci e di vedere i cantieri in movimento entro un anno da oggi, così come sembra sarà a sentire gli autorevoli intervenuti al sopralluogo.  Lo ricorderemo tra un anno noi, ci impegniamo dinanzi alla città sin da adesso…

In secondo luogo, riteniamo che l’interessante canovaccio progettuale ipotizzato dalla Soprintendenza di Messina, assieme agli altri obiettivi individuati nel documento finale di inquadramento dal medesimo Ente,  già noto dallo scorso giugno, possa costituire una idea di come quella parte di Messina possa diventare la più importante e turisticamente rilevante.  La strada da percorrere è quella della diradazione urbanistica e della espansione delle aree di pubblica fruibilità: spazi aperti, luoghi di comunità, di incontro, di cultura e socializzazione. Un Quartiere del Mare che – sulla stregua di quanto accaduto nelle altre realtà urbane marittime del Mediterraneo – non valorizzi in altro modo il suo mare se non aprendolo alla città.  Questo significa non investire in cubatura, puntare concretamente alla tutela pubblicistica degli spazi che vengono liberati. Significa eliminare ogni ipotesi di sviluppo che vada in contrasto con l’idea di restituire alla collettività e in maniera gratuita la fruizione del mare. Certe ipotesi di realizzazione edilizia, contenute nel recentemente rimaneggiato PIAU, in tale ottica, appaiono in contrasto con questa vocazione: pur comprendendo la necessità di coinvolgere i privati – a pena di non poter vedere realizzati i progetti futuribili visti in questi giorni – si ritiene che essi possano essere indirizzati su interventi di vero interesse pubblico, e non a rischio di speculazione edilizia.

In tale quadro ci domandiamo se le previsioni del Piano Regolatore Portuale, ancora peraltro non approvato definitivamente, siano oggi attuali. La pianificazione presuppone lo studio e la indicazione di sviluppo di un territorio sulla base di certi dati di fatto di partenza. Ebbene: sono passati ormai dieci anni dai primi passi di questo strumento. Nel frattempo, le condizioni di Messina e del suo porto sono cambiate profondamente: Messina non è più sede di Autorità Portuale, la cantieristica nel cuore di uno sviluppo della Falce di tipo turistico e ricettivo continua ad avere poco senso, la perimetrazione stessa delle aree di ambito portuale andrebbe rivista prima dell’approvazione – e qui la Regione Siciliana non è uno spettatore di passaggio… – i nuovi corridoi trasportistici comunitari impongono un ripensamento della strategia stessa di sviluppo da prevedere nel PRP.  Insomma: quelle previsioni sono attuali? O non necessitano forse un ripensamento in vista della loro approvazione definitiva a distanza di oltre dieci anni dalla loro elaborazione?

Ad oggi, con le previsioni progettuali di estensione della portualità nella zona Sud, non sarebbe ragionevole ripensare anche l’equilibrio del sistema duale dei porti di Messina studiando eventuali possibilità offerte dalla realizzazione della piattaforma logistica di Tremestieri e delle conseguenze in termini di movimentazione delle merci e del traffico di attraversamento in posizione più ragionevole e fuori dal centro storico?  Le previsioni di oltre dieci anni fa, ad oggi, non necessiterebbero un’opportuna rivisitazione?

A questo si aggiunga il tanto dibattuto tema del Masterplan della città di Messina e della sua ipotetica attuazione: ad oggi, idee sparse e slegate tra loro. Ci si domanda: queste previsioni progettuali, che attingono a programmazioni differenti, a canali di ipotetico finanziamento differente e con tempistiche ovviamente differenti,  come si reggono in un quadro di insieme?  Non un ragionamento serio, come sarebbe stato necessario, è stato fatto nel Masterplan sulla Zona Falcata. Si è perduta l’occasione di inserire in esso le precondizioni obbligate di futuro sviluppo della Falce, questo sì prerequisito di sistema, come l’eliminazione delle zone di degrado e di avvelenamento attualmente presenti, che sono rimasti legati a fondi di provenienza regionale di cui ci si dice certi ma ancora non assicurati. L’eliminazione di degrado costituisce prerequisito e non obiettivo di una programmazione pluriannuale che veda la individuazione di due o tre idee-guida di sviluppo per la città. E della Zona Falcata, purtroppo, non c’è traccia.

Come appare singolare che, anche agli incontri fino ad oggi tenutisi, non sia stato chiamato a intervenire RFI, che avrebbe un ruolo essenziale – anche in fase di elaborazione del partenariato tra le Istituzioni locali – per la realizzazione di un progetto di riqualificazione della Stazione Marittima di Messina, che dovrebbe necessariamente diventare la cerniera ad una cesura netta e finora non superata tra il centro della città e la Zona Falcata stessa.  A fronte delle  acquistate e previste nuove superfici contenute nel PIAU, perché non coinvolgere RFI con impegni precisi a fini pubblici di riqualificazione di questi spazi pubblici pregiati, come la Stazione Marittima?

Infine, una riflessione: ci permettiamo, uscendo per un frangente dalla visione futura così ottimistica e rosea, di comprendere il ragionamento complessivo dell’affaccio a mare che sta venendo fuori. Un affastellarsi di progettazioni, di proposte, di idee di massima e di progetti variamente avanzati, che non si sa bene se puntino su una vocazione della città al crocierismo, ovvero al turismo di lusso, ovvero, infine, alla ripresa della cantieristica nel cuore degli interventi pregiati – come il 19/08 sarebbe – di recupero degli spazi storici della Falce.

Quale idea di fondo, quindi, anima queste “linee di sviluppo” dell’affaccio a mare di Messina?

Ci spingiamo ad essere forse sgradevoli, ma certamente più realistici: non sarebbe utile concentrarsi seriamente su due o tre idee-traino per l’affaccio a mare della città, che lo ripensino alla luce dei nuovi e mutati scenari trasportistici e di inquadramento istituzionale, e per il quale si ipotizzi di individuare una vocazione chiara, definita, coordinata con le varie pianificazioni esistenti attualmente, dello sviluppo del nostro territorio e su queste poche ma chiare e identificate idee di sviluppo ci si concentri per individuare risorse e finanziamenti?
Siamo poco immaginifici, probabilmente. Ma ci piace restare coi piedi per terra e gli occhi puntati alla possibile Messina del futuro, rimboccandosi le maniche per consentire, in un tempo certo, la fruizione di spazi fino ad oggi negati”.

 

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