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Bisignano su riforma delle Province: «Disegno di Legge illogico e irrazionale»

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bisignanoLa riforma delle province e l’istituzione delle Città Metropolitane continuano a suscitare dubbi riguardo il reale giovamento che dovrebbe seguire al cambiamento. L’ex assessore provinciale all’Area Metropolitana e alla pianificazione strategica, Michele Bisignano, definisce «illogico e irrazionale» il quadro che ne verrebbe fuori «se si dovessero confermare le impostazioni date dalla commissione Affari istituzionali dell’Ars al disegno di legge sulle autonomie locali».

«Di fatti, dopo essersi resi conto che con il preannunciato proliferare dei cosiddetti Liberi consorzi — evidenzia Bisignano — si sarebbe avuta una duplicazione di strutture e di costi, si è cercato di correre ai ripari, proponendo in sostanza e in maniera gattopardesca la ridefinizione delle attuali Province regionali in Liberi consorzi dei comuni, dimenticandosi che già tale denominazione era presente nella legge 9 del 1986 istitutiva delle Province regionali in Sicilia.

Ma quel che è peggio è che questa operazione trasformistica, che servirebbe soltanto a individuare nuovi organi di gestione dei territori provinciali, non più eletti democraticamente dai cittadini ma scelti tra loro stessi dai sindaci dei vari Comuni, prevede pure l’istituzione delle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, riferita però al solo territorio comunale, in maniera incomprensibile e fuori da ogni valutazione di politica economica e territoriale, in netta contraddizione con le linee di indirizzo dell’Unione europea e del Governo nazionale, che tendono a privilegiare le aree vaste, e non tenente conto delle Aree metropolitane già istituite con provvedimenti regionali».

«È evidente come — prosegue l’ex assessore —, analizzando tale proposta che dovrà essere approvata dall’Ars, emerga la contraddizione che la caratterizza, in quanto, se attuata, condurrebbe a una dicotomia tra lo Stato, che riconosce alle tre città a partire da Messina il ruolo di capoluogo di provincia, allocando tutti i maggiori uffici di enti e istituti a partire dalla Prefettura, e la Regione siciliana, che di fatto marginalizzerebbe tali realtà, facendo loro perdere il ruolo di città capoluogo, e dimenticando che proprio in tali centri hanno sede gli uffici regionali, dei cui servizi usufruiscono i cittadini di tutti i Comuni della provincia stessa.

Inoltre la stessa Regione vorrebbe portare avanti un disegno che penalizzerebbe, da un lato, la città di Messina e, dall’altro, tutti gli altri Comuni che, facenti parte dei Liberi consorzi, non potrebbero accedere ai finanziamenti previsti dall’Ue e dal Governo nazionale per le città metropolitane (in quanto non riconosciuti dall’Ue, né facenti parte della carta costituzionale). Contestualmente, attua diverse configurazioni territoriali in settori strategici quali la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, in cui vengono individuati con legge approvata dalla stessa Ars per la provincia di Messina tre ambiti territoriali: Messina provincia, comprendente 57 Comuni; Messina Eolie, 4 Comuni; Messina Area Metropolitana, 47 Comuni. Con la relativa istituzione delle società di gestione, dette Srr, di cui recentemente sono stati eletti gli organi di gestione.

O ancora nel settore del turismo e del marketing territoriale, con l’individuazione, sempre da parte della stessa Regione e con legge sempre approvata dall’Ars, dei distretti turistici, che hanno una differente configurazione territoriale. O con i Pist (Piani integrati di sviluppo territoriale), oggetto di eventuali finanziamenti comunitari con il Por 2007-2013».

«È evidente quindi — conclude — come tale assurdo disegno non tenga conto né delle organicità territoriali, né tanto meno delle esperienze già maturate e concretizzate di pianificazione strategica territoriale nelle varie realtà provinciali, a partire dal sistema strategico “Nebrodi-Città aperta” o dal distretto turistico Taormina-Etna. Mi auguro comunque che si possa ancora modificare tale impianto, correlando il riordino delle autonomie locali in Sicilia con quanto fatto a livello nazionale, partendo più che dai disegnini sulle carte geografiche da chiare suddivisioni di funzioni e competenze tra i vari livelli di gestione (Regioni-ente intermedi-Comuni) e tenendo presente le compatibilità di sviluppo e i codici identitari. Codici culturali, sociali ed economici dei vari territori».

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