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Alla Camera la decisione su Genovese. Come si articola e i casi che hanno preceduto quello del deputato messinese

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cameraAutorizzazione all’arresto e ad altri atti di procedura penale“- si legge così sul glossario del Parlamento – e questo è l’iter procedurale cui dovrà essere sottoposto Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina, parlamentare del Pd sino a ieri, quando a seguito della richiesta di arresto firmata dal Gip di Messina, Giovanni De Marco, si è autosospeso dal partito.
Sul glossario si legge che:

l’autorizzazione all’arresto è la deliberazione con la quale l’Assemblea del Senato o della Camera – previo esame della richiesta dell’autorità giudiziaria da parte della competente Giunta, al Senato denominata Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari – consente che vengano eseguiti, nei confronti di un parlamentare, atti giudiziari che lo privano della sua libertà personale o comunque la limitano. In assenza di autorizzazione tali atti non sono eseguibili, in quanto i parlamentari godono di immunità che la Costituzione riconosce loro a salvaguardia della libera esplicazione del mandato. Gli atti che non possono essere eseguiti senza autorizzazione sono l’arresto (o diversa forma di privazione della libertà), il mantenimento in detenzione, la perquisizione personale o domiciliare, le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, il sequestro di corrispondenza. Invece non vi è necessità di autorizzazione se l’atto privativo della libertà personale deriva da una sentenza irrevocabile di condanna o dal fatto che il parlamentare è colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.”

Questo, dunque, l’iter nei casi di richiesta di arresto di un componente di uno dei due rami del Parlamento. Casi dei quali, per citarne alcuni a cavallo tra il governo Berlusconi e il governo Monti, il Parlamento dovette occuparsi con le vicende giudiziarie del deputato del Pdl Alfonso Papa ( per il cui arresto , nel luglio 2011, la Camera disse sì) e dell’ex senatore del Pd, Alberto Tedesco ( il senato non diede l’autorizzazione all’arresto).
Papa – finito in carcere a Poggioreale – rimase coinvolto nell’inchiesta sulla p4; Tedesco in una delle inchieste sulla gestione della sanità in Puglia.
Ma la Camera, nel gennaio 2012, disse no all’arresto di Nicola Cosentino, sottosegretario del PdL ritenuto vicino al clan dei casalesi.
Adesso sarà il messinese Francantonio Genovese a dover passare al vaglio del ramo del Parlamento nel quale fu eletto.
Ma come funziona il meccanismo che tutela i parlamentari in caso di procedimenti penali a loro carico?
Fino al 1993 esisteva l’immunità per deputati e senatori, un istituto introdotto nell’articolo 68 della Costituzione. I membri del Parlamento potevano essere sottoposti a procedimento penale soltanto dopo un’autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza. Poi, dopo il ’93, sulla scia di Tangentopoli, gli scandali che hanno travolto la Prima Repubblica, l’articolo è stato modificato.
La prima formula prevedeva l’autorizzazione a procedere per ogni tipo di procedimento penale a carico di deputati e senatori. Era previsto inoltre che i membri del Parlamento non potessero essere perseguiti per le opinioni espresse o per i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. In assenza di autorizzazione i parlamentari non potevano essere arrestati o privati della libertà personale o sottoposti a perquisizioni personali e domiciliari, tranne che in flagranza di un reato per il quale fosse previsto obbligatoriamente l’arresto.
Adesso, invece, con le modifiche introdotte nel 1993 per garantire maggiore trasparenza, nel caso in cui il magistrato voglia procedere nei confronti di un parlamentare non ha bisogno di nessuna autorizzazione, se non per le richieste di arresto, come nel caso di Genovese, o di perquisizioni e intercettazioni.
Della precedente legge resta confermata la parte per la quale i parlamentari non devono rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Inoltre, come nella formulazione dei costituenti, non c’è bisogno di richiesta di autorizzazione nel caso di flagranza di reato per delitti che prevedono l’arresto obbligatorio, e per l’arresto in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna.
È diritto di deputati e senatori chiedere la rinuncia all’immunità, ma non si tratta di un atto unilaterale. Affinché essa sia efficace c’è bisogno del via libera della Giunta per le autorizzazioni, oltre a quello della Camera di appartenenza.
Qual è l’iter nel caso in cui il magistrato proceda nei confronti di un parlamentare che è anche ministro?
La procura trasmette gli atti al Tribunale per i reati ministeriali, che di fatto si comporta come un normale tribunale al quale si rivolge da organo inquirente. La procura chiede quindi l’autorizzazione al Gip del Tribunale dei ministri per uno dei tre casi previsti, arresto, perquisizioni e intercettazioni. Il Gip, a sua volta, deve trasmettere la richiesta alla Camera di appartenenza. L’eventuale via libera riguarda anche l’utilizzo di intercettazioni già avvenute e dette «passive», ovvero dialoghi tra una persona il cui telefono era sotto controllo e un parlamentare non intercettato.
I tempi non sono lunghi: nel giro di qualche settimana dall’arrivo della richiesta, considerando anche che a volte bisogna chiedere documenti aggiuntivi, la procedura si conclude ed è autorizzazione, o no, a procedere all’arresto.

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