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“Detenzione illegittima al PalaNebiolo”. La critica del Circolo Arci di Messina

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arciIl Circolo Arci Thomas Sankara critica le modalità di ospitalità con le quali la nostra città ha offerto ospitalità  ai 52 profughi trasferiti da Pozzallo a Messina.   

«Non avremmo mai immaginato — si legge in una nota redatta dal circolo — che nella nostra città si costruissero i presupposti per l’apertura di centri di detenzione per migranti irregolari e richiedenti asilo. In qualità di componente l’Associazione è stata convocata in seno al Consiglio Territoriale per l’Immigrazione l’8 ottobre, con oggetto: “accoglienza richiedenti asilo provenienti da altre provincie”. In quella circostanza si era detto che la permanenza dei migranti al PalaNebiolo sarebbe durata non più di 3 giorni e si invitavano le istituzioni presenti a individuare altre strutture più consone all’accoglienza. Al tavolo istituzionale abbiamo manifestato il nostro dissenso ad accogliere dei richiedenti asilo in una palestra, contravvenendo così ai requisiti minimi della Direttiva 2013/32/UE. Inoltre, abbiamo espresso ad alcuni rappresentati della Giunta Comunale, la perplessità in merito alla scelta di adottare ipotesi proposte dalla Prefettura, senza alcun confronto e senza la garanzia di libera circolazione. Ieri, 10 ottobre è stato negato l’accesso all’equipe dell’associazione, specializzata in diritto d’asilo accompagnata da un’interprete di lingua tigrino».

Alla luce di ciò, il Circolo Arci ha formalizzato la richiesta al Prefetto, in qualità di Ente di tutela.

«Apprendiamo — prosegue la nota — da articoli di stampa che le persone, che sino a ieri, e con tutta probabilità fino ad oggi, erano “rinchiuse” con la polizia ai cancelli, sono sbarcate a Lampedusa il 23 settembre. Poi trasferite a Pozzallo, al Centro di Prima Assistenza e Soccorso, luogo autorizzato dal Ministero dell’Interno ad un trattenimento massimo di 48 ore, tempo necessario al soccorso ed all’identificazione. Supponiamo, che queste persone siano state sottoposte alla restrizione della libertà personale, senza alcuna convalida della Magistratura, contravvenendo ai dettami costituzionali. Inoltre, abbiamo appreso che sino a ieri, almeno i somali e gli eritrei non avevano avuto la possibilità di formalizzare la domanda di asilo».

È a questo punto del comunicato che il circolo evidenzia che «lo status di richiedenti asilo non è garantito da una provenienza geografica ma deriva da una manifestazione della propria volontà ad accedere alla procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato. La presenza di nigeriani e ghanesi, ci restituisce l’immagine di un “non-luogo” dove attendere altri trasferimenti e/o rimpatri, che potrebbe diventare, senza una reale opposizione istituzionale e della società civile, simile all’Umberto I di Siracusa».

Inoltre — aggiungono — il PalaNebiolo, la struttura dove sono stati accolti i ragazzi africani, non presenta i requisiti di un vero centro di accoglienza,«se dovesse protrarsi la permanenza degli “ospiti” — proseguono — questo significherebbe averne istituto uno senza decreto ministeriale». 

L’aspetto che maggiormente si presenta come insolito — spiegano — è proprio il fatto che agli ospiti del PalaNebiolo sia stata “negata” la possibilità e il diritto della libera circolazione, garantito per legge nei Cara (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo), istituiti dal Ministero.

«È possibile entrare nello Sprar, il sistema di accoglienza e protezione gestito dai Comuni Italiani attraverso l’Anci, solo dopo aver accesso alla procedura per rifugiati. Il sistema dello Sprar, vittima di tagli indiscriminati, che si regge sull’autonomia e inclusione sociale dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, si pone agli antipodi delle scelte governative di creare “non luoghi” che con la precedente esperienza dei provvedimenti governativi per l’emergenza Nord Africa, hanno fruttato al sistema della Protezione Civile, milioni di euro, spesi  per il  mero sostentamento materiale».  

«L’Italia — spiega la nota —, non garantendo standard minimi di  accoglienza e un percorso di inclusione, è stata sanzionata dagli organismi europei e ormai, è giurisprudenza consueta, che tribunali dei paesi del Nord, impediscano il rimpatrio in Italia di titolari di protezione o richiedenti asilo provenienti dal nostro paese. Infatti, il regolamento Dublino, limita fortemente la libertà di circolazione in Europa per richiedenti asilo e rifugiati, nonostante sia stato accertato che l’Italia è colpevole di comportamenti “inumani e degradanti”. È ormai, diffusa, tra i “potenziali” richiedenti asilo la volontà di non rimanere in Italia, volontà che si scontra con il reato di clandestinità e la questione dei cosiddetti “dublinati” oggetto delle sentenze della Corte di giustizia europea. La militarizzazione della migrazione, insieme ai comportamenti spesso criminali di Frontex, produce effetti dolorosi che agiscono materialmente sulle vite di queste persone, impedendo, in alcuni casi, anche il contatto telefonico con le famiglie».

«In questi giorni di lutto nazionale — conclude —, in cui abbiamo ricevuto manifestazioni di solidarietà per la nostra iniziativa sulla tragedia di Lampedusa da parte di autorevoli esponenti della Giunta Comunale, le decisioni etero dirette prese per la realizzazione di questo “non-luogo” appaiono in palese contrasto con i principi di partecipazione democratica dal basso che nei mesi passati hanno contraddistinto il manifesto del Sindaco Renato Accorinti».

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