Nino Principato - querelle sulla toponomastica

Querelle sulla toponomastica, CMdB: «Principato ha dato prova di un paternalismo meschino»

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Continua la querelle sulla toponomastica tra Cambiamo Messina dal Basso e Nino Principato, architetto e storico appassionato di storia patria, nata sull’intitolazione di alcune vie di Ganzirri alle 21 madri della Costituzione. Una querelle che non sembra destinata a finire e che da Messina è arrivata addirittura sulle pagine del Corriere della Sera diventando quasi un caso di interesse nazionale. Un botta e risposta continuo che si anima sulle pagine dei giornali locali ma che non sembra portare a niente di buono, ognuna delle parti resta ferma nelle proprie convinzioni, quasi a ricordarci quanto un caso, apparentemente non tra le priorità della città, possa diventare una questione di principio in difesa della memoria storica.

Tutto è nato dalla risposta che l’architetto Principato ha fornito al gruppo CMdB sul suo profilo Facebook, con un post che ha generato la nascita di due schieramenti di tifoserie, come sempre a Messina: i favorevoli all’intitolazione delle strade alle 21 donne della Costituente e i contrari. Il commento dell’architetto sul social network è stato poi seguito da un ulteriore post in cui Principato ha fatto un lungo elenco di donne messinesi a cui poter intitolare le vie di Messina. Perché il punto, secondo lo storico messinese, non è l’intitolazione alle 21 donne della Costituente ma il fatto che queste donne non abbiano a che fare con Messina.

«Dispiace riscontrare nel sarcasmo dell’arch. Principato – scrive in risposta il gruppo Pari Opportunità di CMdB – gratuita demonizzazione del proprio interlocutore, un facile sberleffo che devia costantemente dal tema cardine della disparità di genere in ambito toponomastico, sfociando in ridicola lezioncina di storia con cui si fraintende volutamente il senso delle nostre parole. […] Se il sottile filo della toponomastica ha collegato le Alpi alla Conca d’Oro attingendo alla storia monarchica d’Italia, perché tanta riluttanza ad accettare che questo filo possa passare anche attraverso coloro che ne hanno fatto la storia repubblicana, democratica? Se in Italia non esiste comune che non abbia una via, un corso, una piazza intitolati a Umberto I,  Vittorio Emanuele o Garibaldi, a prescindere dai casi specifici di contatti diretti con la città, perché non accettare che si diffondano sul territorio anche i nomi di coloro che hanno fatto la Resistenza, la Costituzione, la Repubblica? Temiamo di ricordarci forse che solo nel ’46 in Italia votarono per la prima volta le donne? Temiamo forse di assurgere a modelli di riferimento le prime donne elette in quell’occasione, a cui, al pari dei colleghi uomini, dobbiamo diritti e libertà fondamentali?»

Il gruppo CMdB ha proseguito la querelle pubblicando un lungo elenco di nomi non ancora valorizzati a Messina specificando, però, che il fulcro della questione continua a non essere questo: «Il vulnus, da lei mai sfiorato, è riconoscere e collocare giustamente nella storia di una città e di conseguenza, nella toponomastica che geograficamente la descrive e antropologicamente le conferisce nuove connotazioni, la presenza femminile, che c’è stata, c’è e continuerà inesorabilmente a crescere nonostante questa inutile polemica.  Alle vie dedicate a sovrane, per quanto di buon cuore e a Madonne e sante, sentitamente adorate, vorremmo si affiancassero i non pochi nomi delle donne che a livello locale così come nazionale, hanno fatto e fanno la storia: le 21 donne costituenti, riferimento nazionale oltremodo caro e imprescindibile, sono fra queste. 12 vie quest’anno sono state intitolate a donne, silente piccola rivoluzione passata inosservata, che con il progetto delle 21 vie alle madri costituenti, trova non certo fine, ma semplicemente una delle tante tappe sotto i riflettori nel lungo cammino di riduzione del gap di genere che ancora ci attende. […] A lei, arch. Principato, rimane l’aver dato prova con la sua replica a un paternalismo inevitabilmente meschino, fra le ultime insopprimibili espressioni di becero maschilismo. La cultura è l’umiltà del sapere che tesse, non la boria di chi si incensa da sé. E Messina ha solo bisogno di cultura autentica e parità».

Non si sa se a questo punto la polemica continuerà, l’architetto Principato, intanto, ha annunciato di voler lasciare Facebook ma ciò non toglie che la querelle potrebbe proseguire a mezzo stampa.

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