Il prossimo 7 febbraio lo storico Cineforum Don Orione inaugurerà una nuova “casa” dedicata ai lungometraggi che trovano spazio sullo schermo del Cinema Lux di Messina. A raccontarci la nuova stagione (e non solo) è il Presidente del Comitato Direttivo del Cineforum, il prof. Nino Genovese. Prima di lui (è Presidente dal 2002); Ubaldo Vinci, Pino Corallo e Peppino Sigilli. Con il prof. Genovese apriamo un cassetto pieno di ricordi e di film, non tralasciando l’arrivo della nuova rassegna, che aprirà con “Un altro giro” di Thomas Vinterberg.
Il cineforum messinese nasce nel 1963 da un gruppo di appassionati: Padre Giacomo Mondello, Saverio Toldonato, Vittorio Mondello, Dino Arena, Cicco Blundo, Citto Saija, Ciccio Spataro e un giovanissimo Ubaldo Vinci, che attualmente, è stato nominato Presidente onorario. La denominazione dell’Associazione nasce dal Cinema Orione, in cui si sono effettuate tutte le proiezioni fino al 2000: da quell’anno il locale, purtroppo, non esiste più.
«I giovani dei “favolosi” anni Sessanta e Settanta (tra i quali c’era anch’io) – ci racconta Nino Genovese – lo vedevano come un punto di riferimento imprescindibile, un’associazione “libera” e “libertaria”, in cui si proiettava un certo tipo di film, senza nessuna preclusione ideologica: in effetti, la matrice “cristiana”, che sta alla base della sua fondazione, non ha mai costituito un ostacolo alla libera espressione del proprio pensiero e alla scelta dei programmi, anche alla proposta di film magari considerati “scandalosi”, tanto che, dopo i fermenti innovativi della contestazione studentesca del Sessantotto, il Cineforum era da molti considerato quasi un covo di “comunisti”». È da notare, inoltre, che il Cineforum Don Orione non è stato “solo cinema” perché, nel corso del tempo, ha svolto numerose e varie “attività collaterali”. (in foto Pino Corallo, Francesco Torre e Nino Genovese)
Lo storico cineforum messinese
«Il Cineforum Don Orione – ci racconta Nino Genovese – risulta, tra quelli ancora in attività, non solo il più antico di Messina (e, quasi sicuramente, anche d’Italia), ma anche l’unico; in primis perché, purtroppo, sono scomparsi i numerosi Cinecircoli che, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, hanno caratterizzato il volto cinematografico della nostra città, e poi perché esso si distingue dagli altri cosiddetti “Cineforum” (attualmente, però vi è solo quello prezioso e importante dell’Iris), in quanto presenta delle peculiarità e delle caratteristiche che nascono dalla una lunga tradizione “storica” e che lo rendono abbastanza “originale” e “diverso” (presentazioni, schede di approfondimento, incontri con gli autori)».
Dopo la chiusura del Don Orione, il cineforum ha spostato le proiezioni prima al Cinema Savio e poi al Cinema Olimpia e, infine, alla Sala Visconti e al Cinema Apollo. Adesso arriva questa nuova avventura al Cinema Lux, come la state vivendo? «Si tratta, a mio avviso, di un’iniziativa che costituisce una significativa “inversione di tendenza”, in un panorama che, con il passar del tempo, vede una progressiva diminuzione di quei locali cinematografici che, per loro stessa natura, sono i luoghi deputati alla visione cinematografica, che deve avvenire soprattutto su grande schermo, in mezzo agli altri spettatori, quando le luci si spengono e, nel buio della sala si rinnova un “rito” che incomincia con la nascita stessa del cinema.
In questa nuova stagione, si effettueranno le proiezioni della annuale programmazione, ma ci sarà anche una “normale” e continuativa attività cinematografica, con una prerogativa, però: la proiezione di film di notevole impegno sociale ed estetico e di pregevole livello stilistico-espressivo, in modo tale da trasformarlo in uno di quei cinema, che una volta erano definiti “d’arte e d’essai”, e, – comunque, – in un punto di riferimento privilegiato, prezioso ed imprescindibile, per tutti».
Secondo Lei, qual è il “segreto” di una storia così lunga come quella del Cineforum Don Orione? «Se esiste un segreto, penso si possa individuare nella passione, nell’abnegazione, nella pazienza e nel “non mollare” con cui si sono affrontati anche i momenti più difficili, ma anche nella serietà e correttezza dei nostri “comportamenti” e nel desiderio di offrire alla città di Messina un “prodotto” cinematografico che si è sempre distinto per le “suggestioni” che ha offerto e per la sua indubbia valenza “culturale”; perché, se – come afferma Luigi Chiarini – «il cinema è un’industria, il film è un’arte», il nostro intento è stato sempre quello di offrire un ampio panorama di film “d’arte” provenienti da tutto il mondo, “invisibili” al di fuori della nostra programmazione. Ed è quello che abbiamo intenzione di continuare a fare». (in foto, Francesco Torre, il regista Luigi Di Gianni e Nino Genovese)
Il Cineforum Don Orione
La nuova stagione ve l’abbiamo già raccontata qui con Francesco Torre, che insieme a Salvatore Aversa, Angela Paratore e, chiaramente Nino Genovese, fa parte del Comitato Direttivo. Ma perché i giovani dovrebbero abbonarsi? «A parte il notevole vantaggio di vedere 30 film al prezzo di soli 25 euro (vale a dire meno di 1 euro a film), mi sembra importante che essi si abbonino per assistere a film “diversi” da quelli “commerciali” e di intrattenimento, di grande impatto spettacolare (che, comunque, fanno pure bene a vedere, intendiamoci), di cui sono i principali fruitori, imparando, nel contempo, ad apprezzare un prodotto più “impegnato” (ma non per questo noioso o “pesante”), di alto livello stilistico-espressivo. Come ho fatto io stesso, quando, all’età di 14 anni, appassionato di quel cinema di carattere “avventuroso” che nutriva le mie giornate, mi sono accostato – proprio grazie al “Cineforum Don Orione” – a tanti capolavori della storia del cinema e a tanti film di notevole significato culturale, oggetto anche del famoso “dibattito” che ne seguiva la proiezione». (foto dal libro di Nino Genovese dedicato ai 50 anni del Cineforum Don Orione)
Una passione lunga un film
Nino Genovese è chiaramente un grande conoscitore e appassionato di cinema. Che cosa rappresenta per Lei il cinema? «Nel film del 1924 “Sherlock jr.” (in italiano, La palla n. 13), il protagonista, il grande Buster Keaton, oltre a voler fare l’investigatore, per sbarcare il lunario fa il proiezionista in uno dei primi cinematografi; e qui, guardando il film da lui stesso proiettato, si addormenta e sogna di entrare nello schermo e di partecipare alle vicende che vi sono rappresentate, interagendo con i protagonisti e con lo sviluppo della narrazione.
Ecco, per me il cinema è questo: è il mezzo, che ha rivoluzionato il volto stesso del Novecento (definito, per l’appunto, il “secolo delle immagini”), che riesce a coinvolgerti in toto; è un mondo nel quale immergersi, lasciandosi andare, che, se da un lato fa riflettere quando si sofferma sui fatti più tragici e terribili della Storia o della nostra semplice quotidianità, dall’altro, rappresenta il sogno, la fantasia, l’immaginazione».
Secondo Lei il cinema (soprattutto quello italiano) riesce bene a rappresentare l’individuo e la realtà di oggi? «Fin dalla nascita, il cinema è stato uno specchio della realtà: uno specchio che – come quello della famosa favola di “Biancaneve” – può anche essere “deformante”, ma pur sempre uno specchio. Alle origini e nei primi anni del cinema, vi erano i fratelli Lumière che, prevalentemente, documentavano, con riprese “dal vero”, la realtà come si presentava ai loro occhi; e il “mago” Georges Méliès, che, invece, questa realtà la trasformava, dando vita a un mondo “fantastico”. I primi hanno dato vita, sostanzialmente, al “documentario”; il secondo ai film “a soggetto”, di fiction. Ma gli uni e gli altri, con modalità diverse, rappresentano l’uomo nella sua “realtà effettuale”, fatta di “concretezza”, ma anche di sogni e fantasie. Ed è quello che anche il cinema di oggi riesce abbastanza bene a fare, rappresentando l’individuo nel suo contesto realistico e nelle sue aspirazioni ideali».
Se Messina fosse un film? «Se si trattasse di un film già realizzato, potrei indicare “Mare matto” (peraltro, in gran parte girato anche a Messina); se invece ci riferiamo a film “inventati”, direi “Messina, la città della bellezza e della miseria“, oppure “Una città dominata dai buddaci“, o ancora “Una città in ricostruzione dal 1908“».
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