Posto Occupato, contro la violenza di ogni genere. L’intervista a Maria Andaloro

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Maria Andaloro è una donna molto speciale, fa l’orientatrice per la cooperativa Medihospes, si occupa di inserimento lavorativo e di attività di integrazione socio-culturale dei migranti ospiti nei SAI e nel 2013 ha fondato Posto Occupato.

Posto Occupato è un’ organizzazione no profit che si occupa di violenza di ogni genere. Per Maria, la violenza è un problema sociale e culturale e l’unico strumento che abbiamo per poterla prima riconoscerla e poi contrastarla è informarsi.

Oggi pomeriggio, 8 marzo, Posto Occupato sarà a La Feltrinelli di Messina per “La parola alle donne nascoste”.  «Mi occupo, nel tempo libero, di violenza di ogni genere». L’intervista a Maria Andaloro.

Posto Occupato

Posto Occupato nasce nel 2013, contro tutte le violenze di genere, 365 giorni l’anno. «Posto occupato – racconta Maria – nasce perché un giorno di tanti anni fa all’ennesima notizia di femminicidio, ho sentito potente il bisogno di trovare una modalità e dare un contributo al contrasto alla violenza. Non sopportavo che, passato lo sgomento e l’indignazione collettiva in pochissimo tempo l’episodio veniva dimenticato o forse rimosso per quella trappola che fa credere a molti  “ …a me non potrà mai succedere”.

E mi faceva impressione e infastidiva la velocità con la quale i media, per esempio i tg e i giornali on line, cambiavano argomento per passare alla politica allo sport, al meteo. Relegandola a notizia di cronaca nera mentre per me era, ed è, un enorme problema culturale e una responsabilità sociale.

Quelle notizie così fra un servizio e l’altro, fra un articolo e l’altro non facevano altro che favorire la rimozione collettiva e lasciando ancora più soli i familiari, gli amici, i colleghi della vittima. E fu così che ragionando e parlando a lungo con la mia amica Magra di Gennaro, grafica e creatrice del logo e di tutto il materiale grafico legato a Posto occupato e tutte le iniziative collegate. Io volevo che quella assenza diventasse presenza. Volevo che quello che accadeva a quelle donne “cancellate” per mano di chi diceva di amarle, diventasse memoria quotidiana e monito per chi tende a sottovalutare, ad ignorare o non riconoscere la violenza che si insinua spesso in modo subdolo nelle vite di troppe persone».

Discriminazioni, pregiudizi e stereotipi

Maria, hai avuto esperienze ravvicinate di violenza? «Sì». Secondo te qual è la molla che fa scattare la violenza? «Non c’è una “molla”. C’è un percorso personale figlio di discriminazioni, pregiudizi e stereotipi. Di incapacità di rispettare figuriamoci di amare. C’è l’incapacità di accettare un rifiuto. C’è il concetto di possesso trasferito sulle persone, sulle donne come se fossero oggetti. Ad esempio lo stupro è una delle forme di violenza sulle donne che rende evidente la volontà di sopraffare e usare, abusare del corpo delle donne. Un evento che lascia cicatrici insanabili per sempre e che danno una sterzata nella vita di chi la subisce. Dopo nulla sarà mai più come prima. Tutto sarebbe stato diverso».

Perché abbiamo ancora paura di denunciare? «Per fortuna molte donne denunciano – continua Maria – e le forze dell’ordine la magistratura salvano ogni giorno moltissime donne ma per la privacy spesso non ne veniamo a conoscenza e poi perché, diciamolo fa più notizia una morte, il male piuttosto che il bene. La paura di denunciare passa anche dalla non adeguata informazione, a questo servono le campagne di sensibilizzazione, di informazione.
Per questo occorre inserire nei piani di studio l’educazione sentimentale e sessuale. E veicolare campagne informative. Il covid ha interrotto la volontà della ministra Azzolina di studiare un progetto e portare nelle classi una campagna informativa. Il 24 febbraio fu l’ultima riunione».

Gli strumenti per riconoscere la violenza

La società ha un ruolo centrale in questo ammasso di violenza che sta entrando sempre di più nelle vite di tutti i giorni. Ma che strumenti possiamo utilizzare per contrastarla? «Informarsi. Perché per riconoscere la violenza, fin dai primi sintomi, occorre conoscerla. Sapere che esiste la violenza psicologica oltre a a quella fisica e sessuale. Che esiste la violenza assistita per la quale le donne devono sapere cosa rischiano ad ignorarla.

La violenza assistita è stata definita dal Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia) come “il fare esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori”.

Questa è un po’ il mio pallino, perché ho conosciuto donne adulte sole e devastate per le scelte sbagliate di un tempo. Occorre che ognuno di noi sappia che è possibile chiedere aiuto alle forze dell’ordine, ai centri antiviolenza, ai servizi sociali, agli avvocati che possono col patrocinio gratuito difendere in tutto il doloroso percorso che dovranno affrontare. Che è possibile farlo anonimamente. Troppi alzano il volume della tv o abbassano le tapparelle per non essere coinvolti. C’è da dire che anche per quanto riguarda la violenza c’è un prima e un dopo della pandemia. La convivenza forzata ha amplificato i disagi e le paure».

Il femminismo esiste davvero?

Definire femminista Maria Andaloro sarebbe – probabilmente – riduttivo.  «Cito Franca Valeri, che ho avuto l’onore di incontrare a Firenze 4 anni fa, disse che il femminismo “non è una militanza, è un sentimento”, quindi sì sono femminista come lei. Ammiro Kamala Harris, la determinazione di Greta Thunberg, il coraggio di Franca Viola incontrata e abbracciata nel 2012, indimenticabile. Mi piace molto Michela Marzano. Ma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

A Messina invece penso al professor Gaetano Silvestri che quando parla illumina le menti. Non posso non pensare alla mia amatissima professoressa Cocchiara. Penso a Pirandello che assieme a Sciascia avevano capito tutto. Se parliamo di scrittrici penso a Goliarda Sapienza, che con “L’arte della gioia” è al centro del mio percorso».

La parola alle donne nascoste

Maria Andaloro è stata coinvolta in “La parola alle donne nascoste”, a La Feltrinelli di Messina. «Quattro donne per quattro fasi della vita leggeranno citazioni di libri al femminile e un “posto occupato” a simboleggiare quella donna (11 le donne uccise nel 2021) che, se non fosse stata vittima di femminicidio ossia l’ultimo atto estremo e irreversibile su come può essere usata violenza su una donna, sarebbe stata presente all’incontro, avrebbe letto o partecipato in mezzo al pubblico. Quel posto occupato memoria di chi non c’è più e monito per tutti affinché non vengano mai sottovalutati i “sintomi” della violenza. Quel “posto occupato” col suo silenzio “parlerà”».

I numeri utili

  • 1522 numero nazionale
  • 112

I centri di Messina e provincia:

  • CeDAV Centro Donne Antiviolenza: 3452630913 (chiamate, sms e WhatsApp) cedav@virgilio.it;
  • Evaluna Onlus risponde sia su invio delle chiamate dal 1522 che direttamente h24 al numero 3476993034 disponibile anche su WhatsApp e messanger
  • UNA DI NOI Onlus Il centro antiviolenza: 3426239473.
  • Pink Project: 0941054182 – 3478987147
  • La Clessidra: 3311641974
  • Frida Onlus: 3279879516
  • Al tuo fianco: 3296235252
  • C.I.R.S.: 09040820

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