MessinAccomuna entra a gamba tesa nel dibattito sul Piano di riequilibrio e contesta senza giri di parole l’operato del sindaco Cateno De Luca: «Rimodulare il Piano di riequilibrio per sottrarlo al giudizio della Corte dei Conti non è aver salvato Messina, è riconoscere che quanto prima fatto non stava in piedi». Per il laboratorio di partecipazione civica, il Primo Cittadino «non è credibile». E spiega perché.
La vicenda ormai è nota. A pochi giorni dall’audizione con la Corte dei Conti sulle criticità espresse dall’organo costituzionale in merito al piano di riequilibrio presentato dalla Giunta De Luca, l’Amministrazione si è avvalsa della possibilità, consentita dalla legge, di rimodularlo. L’audizione si è tenuta ugualmente – anche se era stata fissata per discutere il vecchio piano –, lo scorso 8 febbraio, e il Primo Cittadino si è detto soddisfatto dell’esito dell’incontro.
Oggi, MessinAccomuna torna sull’argomento – ancora non chiuso dato che il Sindaco ha chiesto al Consiglio Comunale di approvare il Piano di riequilibrio rimodulato entro il 14 febbraio – e critica aspramente il Primo Cittadino: «Spiace – scrive in una nota – che il Sindaco polemizzi con messinAccomuna ripetendo formule stantìe e ancorate al passato. Stia sereno; i suoi toni apocalittici e denigratori non ci toccano: continueremo democraticamente a esercitare il nostro ruolo di “laboratorio di partecipazione civica».
Ma perché, secondo MessinAccomuna, il sindaco di Messina non è credibile? «Il Sindaco – affermano – esce dall’udienza presso la Corte dei Conti e dice, commosso: mi hanno dato la benedizione, hanno riconosciuto il grande lavoro svolto, ho salvato Messina. Per più motivi questa versione non è credibile. Primo, in adunanza la Corte dei Conti non esprime valutazioni: ascolta e si riserva di decidere ex-post. Irrituale e improbabile che esprima apprezzamenti verso un operato, peraltro fortemente criticato nella deduzione di convocazione. Secondo, il Sindaco, avrà probabilmente esaltato la sua presunta azione di risanamento, esponendo le sue “controdeduzioni”: un documento di 120 pagine che, in realtà, non risponde ai rilievi della Corte. Poi avrà comunicato che il “suo” piano sarà rimodulato. Terzo, la Corte dei Conti avrà preso atto di questo fatto nuovo e avrà bloccato il giudizio su un piano sospeso, di fatto revocato dallo stesso Sindaco che lo aveva proposto».
Infine, la stilettata: «Rimodulare il piano di riequilibrio per sottrarlo al giudizio della Corte dei Conti non è aver salvato Messina, è riconoscere che quanto prima fatto non stava in piedi. Infatti, perché sarebbe necessario “rimodulare” un piano bello, buono e perfetto? Se il “suo” piano fosse stato (come diceva) l’unico modo per “salvare” Messina, che bisogno ha di cambiarlo e non farselo giudicare della Corte? Magari dirà che occorre prendere atto che lui è stato bravissimo perché ha “ridotto” la massa debitoria, ma (per l’appunto) non è credibile: è stato lui stesso a vantarsi di avere “inserito nel piano tutta una serie di somme che non ero obbligato a inserire, anzi…”, dichiarando di averlo fatto apposta. Cancellare somme che non dovevano essere inserite non è “ridurre” il debito: è essere (finalmente) costretto ad ammettere l’errore, emendando il “suo” magico piano».
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