Messina, il M5S: «101 cani randagi di proprietà del Comune “deportati” in un canile calabrese»

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Sono 101 i cani randagi di proprietà del Comune di Messina che saranno trasferiti in un canile calabrese, perché la città dello Stretto non ne ha uno. A denunciarlo sono la consigliera comunale del Movimento 5 Stelle, Cristina Cannistrà e il collega alla IV Circoscrizione, Renato Coletta, che attaccano direttamente l’Amministrazione dopo che l’avviso di gara per l’affidamento degli animali è stato aggiudicato al canile Millemusi di Castanea e alla società Parco Srl di Taurianova.

I consiglieri pentastellati parlano quindi di «promesse disattese» da parte del sindaco Cateno De Luca sul fronte del randagismo. Messina non si è ancora dotata di un canile comunale, quindi, i cani saranno trasferiti. Intanto, un emendamento alla Legge di Bilancio ha previsto per la città dello Stretto1 milione e 125mila euro per la realizzazione di un Canile comunale, e il M5S sollecita la Giunta ad attivarsi per poter utilizzare le risorse: «Invece di scaricare cani e gatti come pacchi postali, il Comune si attivi nell’immediato, assumendosi finalmente le proprie responsabilità».

Ma la vicenda, appare di lungo corso: «In tre anni – scrivono Cannistrà e Coletta – l’Amministrazione comunale non ha programmato alcun intervento strutturale per la tutela e il benessere dei randagi, limitandosi ad affidare ad operatori economici il “servizio di ricovero” tramite bandi di gara. Una gestione approssimativa, caratterizzata da soluzioni tampone e mancanza di sensibilità che abbiamo denunciato a più riprese».

«Le perplessità – proseguono – sono sempre le stesse: la mancata realizzazione di Canili Comunali e Oasi Feline, nonostante le nostre reiterate sollecitazioni; l’assenza di efficaci campagne di sterilizzazione per le quali non vengono resi noti i numeri e che ha determinato un’impennata delle spese relative a pronto soccorsi, cure e degenze; il mancato coinvolgimento di associazioni, volontari e cittadini; le criticità dei capitolati pubblicati, che non sono sottoposti alle disposizioni particolari derivanti dalla Legge Regionale 3 luglio 2000 e consentono l’erogazione del “servizio” al di fuori del territorio siciliano».

«Cioè – spiegano – comporta profili di illegittimità, in quanto la popolazione di animali randagi (cani e gatti) censita presso il comune di Messina deve obbligatoriamente beneficiare degli standard minimi di tutela, protezione e cura, previsti dalla legislazione regionale, a fronte delle differenze sostanziali fra le legge in vigore in Sicilia e in Calabria in merito alla tutela del mondo animale, sia in termini quantitativi che qualitativi: per tutti gli aspetti non disciplinati nel capitolato d’appalto, con il trasferimento oltre i confini dello Stretto, il Comune di Messina, territorialmente incompetente, non potrebbe infatti applicare la normativa della Regione Sicilia che è tenuto a far rispettare».

 

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