Sono 1785 le firme raccolte, ad oggi, per la petizione indirizzata al presidente della Repubblica, finalizzata a ripristinare l’iter del Ponte sullo Stretto.
«Il Ponte è l’anello fondamentale per realizzare al completo il corridoio ad Alta Velocità Helsinki-Sicilia – si legge nella petizione – e permettere di captare gran parte delle merci che nei container attraversano il Mediterraneo da e per il nord Europa. Si tratta di circa 5 milioni di container al mese che, dopo essere stati depositati sulle banchine dei porti di Augusta, Gioia Tauro e degli altri porti del Tirreno, dello Jonio e dell’Adriatico dovranno essere collocati sui treni se vanno verso il Nord e sulle navi se vanno verso il Medio e il lontano Oriente. Il tutto per accorciare sensibilmente i tempi di percorrenza. Ciò comporterà l’uso – scrivono i firmatari del Comitato “Ponte subito”, Alvaro, Inferrera e Sergi – di centinaia di treni e la realizzazione di una modernissima piattaforma logistica per gestire tale traffico. E’ pertanto indubbio che la richiesta di riattivare il progetto Ponte è indispensabile per realizzare quanto era nei programmi dei vecchi dirigenti dell’Europa e che è stato cassato da chi ha dettato ‘i compiti a casa’ al fine di non ‘disturbare’ il sistema portuale del Nord Europa. Il Ponte – concludono -, quindi, è il grimaldello per uscire dalla crisi che sta distruggendo non solo l’economia del nostro Paese ma anche la stessa democrazia e il business delle merci non può essere ignorato e sottovalutato così come non lo sottovalutano i Paesi nemici del nostro sviluppo».
Ben venga il ponte, quindi, purché comporti il ritorno a quella continuità territoriale che pare irrimediabilmente persa. Che possa riportare i treni a lunga percorrenza oltre quei 3km abbondanti di mare, che possa fare tornare la sagoma della Sicilia sulla cartina che Trenitalia sfoggia sul suo sito online.
Il ponte, fine a se stesso, non serve a nulla, potrebbe anzi essere un ulteriore “peso gestionale”, un peso che forse potrebbe divenire insostenibile per un territorio, come quello dello Stretto, già gravato da diversi errori di valutazione, ultimo, in ordine di tempo, quello del porto di Tremestieri.
Il ponte sì, quindi, ma un ponte che si accompagna a strade, a treni, ad autostrade, a servizi, a tutto ciò che può fare usare, in senso letterale, la dicitura “continuità territoriale”. Un ponte che unisce, magari non in maniera filosofica, la Sicilia sarà sempre Sicilia, la Calabria sarà sempre Calabria, ma passare da una parte all’altra senza dovere portare le valigie dietro, a piedi, dal traghetto alla stazione, potrebbe essere più comodo per tutti.
Un altro punto, scontato forse, ma fondamentale, dovrà essere preso in considerazione: il ponte verrà costruito, se verrà costruito, in una terra dalle mille problematiche ambientali: la faglia su cui si trova lo Stretto per cominciare, e che rende questo territorio “ballerino”, il vento che sempre soffia e che ha fatto dichiarare a un gruppo di consulenti tecnici giapponesi, che di ponti se ne intendono, che quello sullo Stretto non è fattibile.
Tutte difficoltà da affrontare “seriamente” in fase progettuale. Tutti aspetti da valutare prima che qualcosa crolli, come ultimamente accade ai viadotti delle autostrade siciliane e, prima di dovere fare i conti con un ponte chiuso per lo scirocco, come da mesi si verifica al porto di Tremestieri.
Ponte sì, quindi, ma con giudizio e progettualità.
Mimma Aliberti
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