porto Gioia Tauro

Authority portuale. Sturniolo, Lo Presti e la Cub: “Il porto di Gioia Tauro nelle mani delle cosche”

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porto Gioia TauroI consiglieri comunali di Cambiamo Messina dal Basso Nina Lo Presti e Gino Sturniolo insieme alla Cub, la confederazione unitaria trasporti si schierano contro la scelta di accorpamento dell’Autorità portuale di Messina a quella di Gioia Tauro che domani il sindaco Accorinti, favorevole, porterà come richiesta al presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi. Ecco cosa scrivono:

“L’Unione Europea metterà a disposizione della rete centrale dei trasporti nel periodo 2014-2020 circa 30 miliardi di Euro.  Una montagna di soldi che serviranno a potenziare i nove corridoi europei che formeranno il tessuto della Core Network, ossia della rete trasportistica dell’Europa e che l’Europa stessa supporterà nelle varie fasi di infrastrutturazione dei segmenti ancora in fase di realizzazione, ammodernamento e collegamento.

Al Porto di Messina non è stato assegnato il titolo di “Porto Core”, e quindi inserito tra quei porti ai quali viene di fatto  riconosciuto un’utilità strategica e funzionale da attore protagonista in una dimensione europea.

Messina secondo la commissione trasporti europea  non ha le carte in regola per essere inserito nella lista dei porti strategici europei, ovvero nel core network, dal quale in una prima fase erano state escluse anche Civitavecchia e Taranto ed a sorpresa fatte rientrare nell’ultima tornata di esame da parte della Commissione (a seguito di  pressioni dei politici italiani).

Tutto questo avveniva tra ottobre e Novembre del 2013.

Uno degli interrogativi è… ma quando il Parlamento Europeo decideva quale sarebbe stata la mappa europea dei 9 corridoi principali di trasporto,  la deputazione messinese si era distratta?

A questo punto toccava al governo italiano recepire le comunicazioni europee e in un’ottica di riduzione della spesa di fatto accorpare alcune Autorità Portuali.

Probabilmente c’era da aspettarselo con la spending review che impera nell’agenda politica europea dell’austerità e vista la montagna di soldi assicurati alle 24 autorità portuali presenti oggi sul territorio italiano: oltre 600 milioni di euro di soldi pubblici.

Una sforbiciata era obbligatoria – Commissari e Presidenti nominati in modo discrezionale, conti che spesso non tornano, miriadi di consulenze, organici più grandi di quelli che servirebbero, stipendi stellari. Ecco in estrema sintesi il mondo delle autorità portuali in Italia. Un mondo in cui, tra silenzi, poca trasparenza e leggi disapplicate, a trovare spazio e a godere del caos è stato un sottobosco politico fatto spesso di personaggi da sistemare.

E fosse per questo la logica conseguenza non dovrebbe essere l’accorpamento ma l’eliminazione!

A corollario di tutto questo a Messina stiamo assistendo alla narrazione di un futuro di rilancio, di riscatto  e di riemersione, una visione di sviluppo, francamente, poco credibile, viste le premesse. La strada che porta all’eventuale annessione o costituzione di una nuova Autority deve necessariamente tenere presente alcuni elementi di forte debolezza che deriverebbero dall’annessione ai porti calabresi e alla loro specificità.

Ma proviamo ad entrare nel merito premesso che il nostro auspicio  è che il dibattito così come l’analisi e le prospettive siano le più partecipate e pubbliche possibile, al fine di evitare che le scelte o le decisioni vengano assunte dall’alto.

Restano in piedi interrogativi che pretendono delle risposte giuridico-amministrative oltre politiche di prospettiva. Sono per primi gli stessi “futuri sposi” calabresi ad aver denunciato negli anni la mancata attuazione delle programmazioni quadro della regione Calabria e il disimpegno da parte dei governi nazionali rispetto a finanziamenti strutturali che avrebbero non solo migliorato la qualità della vita dei cittadini ma sarebbero stati complementari allo sviluppo dell’Autorità portuale  e di tutto il retroporto.

Noi  riteniamo che qualsiasi tipo di scelta sulle varie combinazioni di accorpamento, fermo restando che dovranno essere le città a riappropriarsi dei propri porti, non possano prescindere da:

1. l’illegittimo dilatamento della circoscrizione territoriale marittima dell’Autorità Portuale di Messina, per cui tutte le aree prospicienti il mare, anche fuori dal porto e sicuramente non demaniali (es.: il Punto Franco, il Bacino di Carenaggio, gli stabilimenti industriali della Cantieristica navale, la storica “passeggiata a mare” la Fiera Campionaria Internazionale, l’area ex Gasometro, il Baby Park, la villa Sabin) sono ritenute di pertinenza del demanio statale e, conseguentemente, su di esse l’A.P. impone il pagamento di canoni concessori in danno agli Enti Regionali e al Comune di Messina. La fiscale applicazione dei canoni concessori, imposti dall’A.P. di Messina, ha comportato la chiusura di numerose attività piccolo-industriale nel settore della cantieristica navale e della Fiera Campionaria di Messina (Ente Regionale) fu addirittura sfrattata per morosità. Oggi il Comune di Messina ha ancora la possibilità di tutelare i suoi diritti proponendo appello avverso alla sentenza del Tribunale di Messina che gli sottraeva la titolarità delle suddette aree entro il 9 ottobre prossimo. Il Comune di Messina non può sottrarsi al dovere di esercitare la potestà di programmazione del suo territorio e del suo sviluppo economico, delegandola ad altri col pretesto di non avere le risorse sufficienti per gestire le aree.  Il capitale di cui dispone oggi l’Autorità Portuale è frutto dell’incameramento dei canoni percepiti da imprenditori ed amministrazioni messinesi; entrate queste che, invece, dovrebbero impinguare le casse comunali.

2.  avviare contromosse che stronchino ogni possibilità che mafia e ‘ndrangheta possano continuare ad avere un ruolo e un peso specifico sui porti calabresi. Non si può parlare dello scalo di Gioia Tauro senza fare riferimenti alla ‘ndrangheta. Lo testimoniano i continui sequestri di cocaina, che arriva a fiumi nascosta nei container, ma anche le inchieste sulle infiltrazioni mafiose. Un porto che non riesce a decollare e che, stando alle indagini della Direzione distrettuale antimafia e alle dichiarazioni della commissione parlamentare risulta essere  in mano alle cosche della Piana di Gioia Tauro.  I magistrati  erano riusciti a ottenere la condanna del boss Pino Piromalli che subito un’altra cosca, i Pesce, si organizza.

3. Il P.R.P. va riprogrammato. Nel 2008 con delibera n.4, il Comitato Portuale (dove il Comune di Messina è rappresentato da un solo componente al pari di altri comuni della riviera tirrenica della provincia) adotta il Piano Regolatore Portuale di Messina, dopo aver ricevuto il parere favorevole dell’allora Commissario Sinatra, senza che gli organi rappresentativi elettivi della città abbiano potuto esaminare e dibattere le scelte programmatiche sullo sviluppo della parte più importante del territorio cittadino. Nel  P.R.P., viene programmato il destino futuro di tutto il litorale nord della città fino al torrente Annunziata e della Zona Falcata, dove tutte le tradizionali attività cantieristiche vengono fatte sparire o ridotte nell’impossibilità di continuare. Dietro il PRP si nasconde l’ennesima speculazione edilizia che per l’ennesima volta sottrarrà il mare alla città.

 

 

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