Il voto di laurea non è un dato “oggettivo”, non ha lo stesso peso a tutte le latitudini, il voto conquistato in un’università non vale quanto quello conquistato in un’altra, almeno, a quanto pare, per ciò che riguarda i concorsi pubblici.
“Avete presente tutti i sacrifici che avete fatto per studiare, anni ed anni passati sui libri, per arrivare alla laurea e ottenere quel meritato voto del 110 e lode? Benissimo, cari amici del Sud, da domani questo potrebbe non contare più nulla. Da domani, i vostri sacrifici potrebbero “pesare” di meno dei sacrifici di un vostro coetano laureato al Nord, alla Luiss o alla Bocconi ad esempio”. Sono durissime le parole del portavoce del MoVimento 5 Stelle, Francesco D’Uva, sull’emendamento approvato ieri al Ddl sulla Pubblica Istruzione che parla di “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso” e “possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato”.
“Sappiamo benissimo che, in Italia, il meccanismo ricerca-ottenimento del lavoro dipende in gran parte dalle amicizie, dalle conoscenze, dalle parentele, dagli amici degli amici, ma credevamo che il criterio per l’accesso ai concorsi pubblici fosse e rimanesse equo per tutti (come sarebbe giusto in un Paese democratico)”, ha aggiunto D’Uva.
“Credevamo che un messinese (laureato all’Università degli Studi di Messina) che volesse candidarsi ad un posto nella Pubblica Amministrazione partisse dalla stessa base di un suo coetaneo laureato alla Iulm. Ebbene, non sarà più così. Quel suo 110 e lode, grazie al nuovo emendamento, varrà meno del 110 e lode dell’altro. E non è una vergogna? – si chiede D’Uva -. Stanno creando una società a caste basate sul reddito e sulla geografia, stracciando le possibilità di futuro di quegli studenti che decidono di intraprendere i loro studi al Sud, in quelle Università che secondo gli standard dell’Anvur valgono di meno. Vogliono chiaramente dirci che a Messina, ad esempio, l’Università è “più larga di voti”, che i 110 vengono quasi regalati, che valgono poco”.
Come spiegato dal portavoce, l’esempio di Messina è calzante poiché, secondo l’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), l’Università degli Studi di Messina si trova all’ultimo posto nella classifica delle Università grandi.
“Ci stanno praticamente dicendo che possiamo prendere tutte le nostre pergamene e strapparle – ha concluso D’Uva – poiché non avranno mai lo stesso peso di quelle del Nord, neanche nei Concorsi Pubblici. E’ vergognoso e questo è davvero il momento di dire basta. Hanno calpestato e tagliato tutto: diritto allo studio, fondi alla ricerca, borse di specializzazione, cultura. E adesso tagliano anche la meritocrazia. E’ l’ora di agire – conclude D’Uva -, al di là di ogni colore politico, perché questa è una battaglia che interessa tutti, questa è una battaglia per la democrazia, per l’uguaglianza, per il futuro”.
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