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Il Piano di Riequilibrio e la rivoluzione mancata. Il malumore degli ex accorintiani

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C’è chi parla di rivoluzione mancata. A quasi due anni dall’insediamento della Giunta Accorinti, cresce vistosamente la delusione sull’operato dell’amministrazione “dal basso” che avrebbe dovuto imprimere la tanto attesa svolta per il futuro della città. Delusione che 19 ex sostenitori di Renato Accorinti, mettono nero su bianco con una lunga nota stampa firmata da Gino Sturniolo, Nina Lo Presti, Antonio Mazzeo, Tania Poguisch, Clelia Marano, Angela Rizzo, Francesca Fusco, Mariano Massaro, Maurizio Rella, Sergio Soraci, Daniele David, Antonio Currò, Enzo Bertuccelli, Marco Letizia, Maria Irrera, Ciccio Mucciardi, Santino Bonfiglio, Massimo Camarata, Gianmarco Sposito

A tenere banco, il risanamento finanziario di Palazzo Zanca. I firmatari della lettera, infatti, non si fermano a delineare i contorni prettamente normativi del Piano di Riequilibrio, ma evidenziano gli aspetti politici e sociali. “Oggi il debito, prima nascosto, sta riemergendo – spiegano gli ex accorintiani – sta riemergendo il debito delle partecipate, sta riemergendo il debito legato al ciclo dei rifiuti, sta riemergendo il debito legato al sistema degli appalti e dei commissariamenti. Questa enorme massa debitoria distribuita negli enti pubblici è stata ulteriormente accresciuta dalla progressiva riduzione dei trasferimenti dallo stato agli enti locali (il cui peso è stato in parte mitigato per i bilanci comunali dall’obbligo di far pagare per intero ai cittadini una serie di servizi, cosa che ha aggravato ancor di più il grado di incapienza di tante famiglie). L’insieme di questi fattori – si legge nella nota stampa – ci si presenta di fronte con la forma di un macigno da sollevare come destino ineluttabile”.

E a proposito di destino, Sturniolo, Lo Presti e gli altri firmatari prevedono un futuro tutt’altro che roseo. Nei prossimi dieci anni assisteremo a una trama di “aumenti delle tariffe e riduzione progressiva dei servizi, di penuria monetaria e bilanci pubblici recessivi. Il Piano ha il carattere delle sanatoria e del riconoscimento delle politiche che ci hanno condotto fino a questo punto, soprattutto se tutto questo avviene riscrivendo quella storia, considerando quel fardello da pagare non la risultante di politiche dell’austerità imposte dall’esterno e malgoverno locale, ma il giusto compenso a chi ha già fornito il proprio lavoro senza essere stato per quello retribuito”.

Ed ecco che, secondo i 19 firmatari, il Piano di Riequilibrio appare come un “un percorso condiviso di pacificazione tra quellicheceranoprima e quellidiadesso, mette sotto scacco la rivoluzione promessa. Ancora più, forse, delle misure recessive e antipopolari, è la subalternità politica che compromette ogni possibilità di cambiamento (per quelle parti, naturalmente, del soggetto attuatore del Piano di Riequilibrio che hanno pensato e pensano ad un cambiamento reale, dal basso come si diceva una volta). La soggezione verticale- continuano –  imposta dal grado di impoverimento dell’ente e l’oggettiva minorità numerica chiudono dentro una gabbia che imprigiona qualsivoglia velleità, trasformando la politica locale in un eterno presente privo di qualsiasi visione politica che non sia l’alchimia contabile e normativa”.

Gli ex sostenitori del sindaco, tirano dunque le somme e puntano il dito contro la rivoluzione mancata, partita, a loro dire, proprio dalle scelte attuate in campo finanziario. “Il vero atto propedeutico ad una politica di cambiamento – precisa la nota stampa – sarebbe stato, quindi, liberarsi dall’obbligo del risanamento. Questo avrebbe significato togliere, di colpo, a tutti la possibilità di qualsiasi forma di ricatto politico. Sarebbe stato giusto lasciare a chi responsabile è la responsabilità di affrontare gli indignati dalle politiche dell’austerità e, magari, con questi provare, amministrando, a costruire un futuro più giusto. Si sarebbe potuto, così – si legge – lasciare il passato a rendere conto, politicamente, di quanto causato e abbracciare un presente nuovo capace di inventare, per il tempo a disposizione,  un’alternativa vera. Quel tempo sarebbe rimasto nella storia della nostra città.

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