Una favola moderna con una morale sulla vita
Un film è un atto d’amore.
Un film sulla città nella quale si è nati e si è vissuti, è un duplice atto d’amore, ai limiti dell’assoluto.
Unire cinema e vita ha dei precedenti illustri, da Manhattan di Woody Allen a Il cielo sopra Berlino di Wenders, alla New York che pervade e invade tutti la cinematografia di Spike Lee.
Angel-A di Luc Besson è il personale tributo che il regista dedica alla propria città, Parigi. Sulle orme del cinema francese, in un bianco e nero che passa dal colore desaturato, allo “sporco” di Vigo (si cita anche la fotografia di Doisneau), Besson racconta la “Ville lumière” facendo passeggiare i personaggi per tutti i luoghi di culto che raffigurano la capitale francese nell’immaginario di chi la vive o l’ha vista almeno una volta.
Andrè è un magrebino che deve soldi a mezza Parigi. Preso dallo sconforto pensa di suicidarsi buttandosi da un ponte, ma qualcun altro ha avuto la sua medesima idea. È Angela, bellissima ragazza, che viene salvata dalle acque nell’unico atto di coraggio compiuto da Andrè nella propria vita. Per sdebitarsi la fanciulla gli offre di essere la sua compagna di avventure, il suo “angelo custode”, per salvarlo dal baratro.
Una favola moderna (cos’è il cinema d’altra parte?) con una morale sulla vita, per innalzare ancora di più a protagonisti i ponti sulla Senna, i quais, i parchi, la Tour Eiffel, che Andrè e Angela percorrono in lungo e in largo. Si sprecano le citazioni al passato, e quelle a Boudu e a L’Atalanteriaffermano l’acqua come elemento purificatore e salvifico del film. Per spegnere il passato e accendere il presente.
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