Gli innamorati non sono tutti uguali. C’è questa brutta verità nel racconto di Diletta, che ieri sera ha scelto di festeggiare San Valentino, con il suo amore, in un noto locale messinese. Ecco cosa è accaduto:
“Ieri sera, io e la mia ragazza eravamo a cena in un noto pub di Messina, una situazione molto informale ma carina, avevamo accanto una tavolata di otto persone e davanti a noi due genitori giovani con una bambina che avrà avuto all’incirca 2/3 anni. Tutto procede normalmente per il meglio , io e lei non stiamo facendo assolutamente nulla di eclatante, anzi rispetto al solito siamo addirittura ancora più discrete.
Ad un tratto, mentre attendiamo il dolce, si avvicina quello che presumo sia il proprietario, il quale chiede a noi, la sera di San Valentino, “se possiamo evitare…” … Perché c’è una bambina…” “Se volete vi posso fare accomodare nell’altra sala…”
Noi rimaniamo un attimo perplesse, allibite, e ci scende addosso un’inevitabile tristezza, in quanto in quel preciso momento eravamo appena abbracciate ed io le avevo dato un bacio sulla guancia, ed il massimo di più che era potuto accadere durante il corso della serata saranno stati dei baci a stampo molto innocenti. Mi è sorto spontaneo dire che se io e lei fossimo stati un ragazzo ed una ragazza, nessuno si sarebbe mai sognato, la sera del 14 febbraio, di sindacare su qualche manifestazione d’affetto.
Il signore in questione, mentendo spudoratamente, afferma che avrebbe fatto lo stesso identico appunto ad una coppia eterosessuale, perché “…Quando ci sono bambini….”.
Non è stato molto chiaro se la coppia che avevamo davanti avesse espressamente richiesto di “ammonirci” riguardo la nostra “indecorosa condotta” , ritenuta “pericolosa” per una bambina (che si stava ampiamente facendo i fatti propri e che dubito fortemente si fosse anche solo accorta della nostra presenza) , oppure se sia stata un’iniziativa personale di questo ipocrita soggetto, che non ha neppure avuto il coraggio di ammettere che il problema non erano gli abbracci, i baci, i bambini, ma che il problema era la nostra sessualità. Il punto è che dubito che quei genitori tappino gli occhi a quella bimba ogni volta che per strada una coppia si bacia, dubito che sia normale che un cliente (perché, cosa che gli è sfuggita, come era cliente l’allegra famigliola tradizionale , in quel momento lo erano anche le due pericolosissime lesbiche, cosa che mai più accadrà) debba sentirsi la sera di San Valentino in errore o in colpa nel dimostrare affetto al proprio partner, e specialmente in questo caso non mi sento di dire che ambasciator non porta pena, perché se riporti una richiesta ingiusta ed omofoba del genere, sei colpevole, perché se tu proprietario avessi avuto un briciolo di senso dell’uguaglianza, avresti chiesto a loro di cambiare tavolo, non a noi.
Questo è ciò che è successo.
Io e la mia ragazza abbiamo rapidamente terminato la cena, pagato, ed evitato di riprendere la discussione, ma consapevoli del fatto che questa faccenda va divulgata, e che chiunque sia contrario all’omofobia ed alle discriminazioni in ogni loro forma e manifestazione, deve essere al corrente di quali siano nella nostra città i posti da evitare poiché contrari ai loro principi.
Perché non è giusto rassegnarsi a questa tipologia di eventi, perché voi proprietari/gestori di locali che rimproverate due ragazze innamorate non siete normali, e per quanto gentilmente vi possiate essere rivolti, per quanto vi sentiate nel giusto, non abbiate dubbi, quello è stato un atto di violenza.”
Diletta Di Bartolo
(5334)
Ci sono cose che accadono in Italia e che in altri paesi del mondo non si sognerebbero nemmeno.
Una volta succedeva lo stesso con le persone di colore e le coppie interrazziali
Un giorno leggendo queste storie forse ne rideremo e le compatiremo.
Oggi però abbiamo ancora della strada da compiere.
Ed è grazie anche a queste testimonianze che possiamo cercare di migliorare tutti.
Se fossi stato io il proprietario del locale e una famiglia mi avesse chiesto di intervenire avrei detto a quella famiglia che gli omofobi non sono graditi nel mio locale e che se a loro non stava bene erano inviatati ad andarsene.
Sarebbe il caso di rendere noto il nome del “noto locale messinese” in modo da dare la possibilità a tutti di fare le proprie scelte. Io, ad esempio, preferirei evitare di dare i miei soldi a chi gestisce locali escludenti e omofobi. La storia in sé non mi dice niente di nuovo. Raccontarla ha senso se si ha anche il coraggio di stigmatizzare questi comportamenti fuori dal tempo. Qual è il pub? Grazie.
Gentile Milena, il nome è stato pubblicato da altri giornali on line cittadini, dove le sarà facile trovarlo. Normanno ha ritenuto che fosse più importante conoscere l’accaduto che non il luogo dove si fosse verificato. Va specificato che la protagonista dell’episodio ha citato correttamente nel suo scritto il nome del locale, è stata una scelta della redazione non renderlo pubblico. Riteniamo che già la diffusione del messaggio di chiara discriminazione sessuale possa essere da monito per il futuro a quel gestore come ad altri. Buona serata, Milena.
Evviva la liberta di stampa e di informazione.
Simone, in passato siamo stati querelati per analoghe situazioni. Se condivide con noi le querele, e i risarcimenti che da essere derivano, saremo ben lieti di saziare i suoi appetiti d’informazione. Che poi quel che conta è che l’episodio sia venuto fuori, Messina non pullula di pub e due più due fa quattro.
Che poi quei genitori, dopo aver salvaguardato la serenità della loro bambina, avranno sicuramente passato la serata sempre con il cellulare in mano, ignorando la presenza della suddetta bambina.