L’antico e imponente cancello di ferro battuto….

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L’antico e imponente cancello di ferro battuto, spinto dal vecchio si apriva e la macchina poteva procedere, lentamente. Il bimbo si era risvegliato nell’autovettura, dopo un breve sonno, cullato dai movimenti del viaggio. Il sole di quella mattinata tersa, illuminava la rugiada sui prati e i fiori gialli sotto gli ulivi secolari. Il Nonno aprì lo sportello e sorridendo felice, prese il nipotino per mano che, ancora stordito dal recente  abbraccio di Morfeo, si affidò sicuro. Le due mani, quella nodosa e dura del vecchio e quella tenera e vitale del bimbo si unirono. Mani e uomini così diversi,bisognosi l’uno dell’altro, cominciarono ad incedere in quella campagna antica e rigogliosa. Felice il nonno che osservava intenerito, nello stupore e nei sorrisi di quel bimbo, la delicata magia dell’infanzia e felice il bimbo che, assicurato saldamente all’esperienza del nonno,  poteva scoprire il mondo.

L’aria, nel mite inverno, profumava di campagna siciliana, odori diversi dalla città: fresca erba umida, fiori di campo e il sapido del vicino mare. Attraversarono insieme un piccolo campo e raggiunsero il giardino di agrumi. Il nonno raccolse un arancio  Tarocco, prese un coltellino, che portava sempre con se e lo sbucciò. Il profumo dei terpeni della buccia dell’arancio profumarono tutto intorno. I due si sedettero  al sole e mangiarono, lentamente, gli spicchi succosi. Arrivò il contadino, parlò col nonno e sorrise al bimbo che ricambiò, il vino era pronto per un assaggio.

Il palmento profumava di botti e di vino. Il bimbo osservava con curiosità i gesti sicuri del nonno che analizzava  il vino per scoprirne le qualità o i difetti. Sorrise il nonno, il lavoro di un anno aveva dato i frutti sperati: il vino era eccellente. Il contadino cominciò ad imbottigliare e loro ripresero a girovagare per la campagna. Osservarono il mare dalla scogliera e il nonno cominciò a raccontare storie, affascinando il bimbo. Enormi uccelli migratori passarono su di loro urlando la felicità del volo, il bimbo si distrasse sognando di volare libero e il nonno lo osservò felice.

 Nasce anche così la passione per il vino, nel vino c’è la storia degli uomini e del loro rapporto con la loro terra. Spesso nelle mie degustazioni solitarie ritorno alle mie memorie di bimbo e cerco di scoprire la storia che ogni produttore di vino racconta e quando posso me le faccio raccontare.

Da solo, in casa, quella sera, scelsi di bere un Oblì, il Faro d.o.c. di Enza La Fauci.

L’Oblì è figlio della sua passione, del suo amore per i dettagli, e della sua ricerca della perfezione quasi maniacale. Lo so, perché abbiamo studiato insieme qualche materia all’università, e quindi la conosco da tempo e anche nello studio era così. Il suo Oblì, è un Faro d.o.c. veramente buono. Visitammo insieme la sua terra in fase di progetto del vigneto e i suoi occhi brillavano mentre un sorriso le illuminava il volto e descriveva appassionata le sue idee, un fiume in piena. Nel suo sguardo, si scorgevano chiaramente i suoi sogni di bimba viva e vitale.

Nel bicchiere un rosso rubino intenso con un gioco di riflessi violacei e granato veramente piacevole. Al naso entri nell’anima di Enza, ormai, donna con le sue articolate  esperienze.

L’elegante intensità spazia dalla frutta rossa, ci senti le more, un tipo raro di ciliegia che ancora cerco nella mia memoria per darle il giusto nome, spezie e poi il legno delicato ma avvolgente. In bocca la struttura equilibrata e la calda vena alcolica persistono a lungo, in un gioco di piacevolezze uniche. Da segnalare la tannicità del mascalese governata a dovere da un uso del legno intelligente. Quel vino esaltò il gusto dei formaggi con cui l’accompagnai. Finita la cena ne versai un bicchiere e mi affacciai in terrazza a osservare le stelle.

Ripensando alla storia degli uomini, storie diverse, figlie delle memorie, guidate dalle passioni  e dai sogni: sogni di bimbi che osservano gli uccelli migratori e sognano di volare.

 

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