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5 febbraio 2013 ore 15.00 – Foster

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fosterUna favola che dosa bene realismo e fantasia, rispondendo alle domande che mette in scena

 

Zooey e Alec Morrisono sono una coppia sposata che non riesce a superare la perdita del figlio di cinque anni, avvenuta due anni prima. Non riuscendo a concepire altri bambini, dopo una breve visita in un’agenzia deputata, i Morrison si rendono disponibili per un affidamento. Ed ecco che, poco dopo, appare alla loro porta un bambino di sette anni, Eli, che dice di essere stato mandato dall’agenzia. Il ragazzino mostra una maturità inaspettata, aiuta Alec a superare le difficoltà di lavoro e Zooey a sentirsi di nuovo mamma e felice. Quasi fossero più i Morrison ad aver bisogno di lui che non Eli ad aver davvero bisogno di loro… 

Espansione di un cortometraggio del 2005 dello stesso regista, Foster guadagna nel gonfiaggio un cast nettamente più efficace – Toni Collette in una parte ormai collaudatissima e soprattutto Maurice Cole nei panni di Eli – e una svolta fantastica che sposta la storia nell’ambito della fiaba. Non a caso la casetta dei protagonisti confina con i Chelsea Gardens, un piccolo giardino segreto nel cuore di Londra, il padre adottivo di Eli è il proprietario di una fabbrica di giocattoli, e il protagonista, con il suo curioso abito scuro, la bombetta e la cravatta rossa, sembra un piccolo aiutante di Babbo Natale, ramo amministrazione. 

Indicato principalmente per una platea di bambini dell’età ritratta sullo schermo – dai 5 ai 10 anni al massimo -, che non abbiano già visto troppe variazioni cinematografiche su questo tema, il film sa comunque dosare le sue rivelazioni interne con gusto e senso del timing, virando solo molto lentamente verso il soprannaturale e la fiaba vera e propria, dopo essersi scavato delle solide fondamenta nell’ambito del realismo e del prodotto family in senso più convenzionale.

Più che nel ritratto affascinante e divertente del piccolo grande uomo, impegnato a procurare la felicità altrui prima che la propria, Foster è sorprendentemente ben scritto là dove affronta le grandi questioni e le più delicate, come il senso della morte, specie quando riguarda un bambino. Senza retorica alcuna ma anche senza glissare, come invece spesso avviene, il film risponde alle domande che mette in scena, dando al pubblico infantile in sala le certezze di cui ha bisogno per uscire dall’angoscia. 

Sentimentale senza risultare strappalacrime, il film di Jonathan Newman è una bella favola natalizia contemporanea che le distribuzioni italiane dovrebbero fare a gara per assicurarsi.

 

 

 

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