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Liberi consorzi. Il ricorso di Catalioto su mandato di 21 consiglieri delle Province siciliane. Ecco uno stralcio

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provinciapalazzo Il ricorso al commissario dello Stato contro la legge approvata dall’Ars, che prevede l’ ” abolizione delel province con conseguente istituzione di 9 liberi consorzi comunali e tre Città metropolitane”, presentatao dall’avvocao Antonio Cataliato, è frutto del mandato di 21 consiglieri di diverse province siciliane, che hanno scelto come portavoce il Movimento Liberi Insieme. Il capogruppo di MLI, Roberto Cerreti, scrive:

” La dignità di un ruolo istituzionale espletato nell’interesse reale dei cittadini e su espressa volontà popolare e la conoscenza acquisita delle diverse professionalità presenti nell’ambito del personale delle  Province Regionali Siciliane, non merita lo squallido epilogo di una  norma approvata dall’Ars che, al di là delle palesi contraddizioni sia  in termini di costituzionalità che legittimità, mantiene in vita  commissariate sine die le Province Regionali e realizza nuovi liberi  consorzi dei comuni, dove i sindaci eleggeranno e nomineranno se  stessi nei diversi ruoli previsti nei liberi consorzi, con palesi  conflitti tra poteri e con l’unico obbiettivo raggiunto, sottraendo il  diritto all’elettorato attivo e passivo ai siciliani, di aver sancito  la creazione della “Super Casta dei Sindaci.
 La Sicilia meritava una riforma degli Enti Provinciali e di questo ne  siamo convinti, ma quanto approvato nel “Mercato della pochezza”  svolto all’Assemblea regionale Siciliana, segna solo il passo con un  periodo storico inqualificabile per l’intera nazione, dove il
 cittadino ed i suoi diritti non sono più al centro della gestione  della Cosa Pubblica, ma elemento collaterale da emarginare e limitare  nei propri diritti democratici.”

 Riportiamo, adesso, uno stralcio del ricorso inoltrato dall’avvocato Catalioto,che vede profili di incostituzionalità nella legge approvata dall’Ars:

“La legge delinea nuove aree che determinano la costituzione di enti sovracomunali, realizzando non un semplicemente e diverso assetto delle funzioni, ma dando piena attuazione ad uno dei due livelli di governo locale (art.15 dello statuto) dotato di un proprio territorio, proprie attribuzioni e funzioni esercitate da organi elettivi (con sistema di secondo livello). Tutto ciò senza che la legge precisi, allo stato, il modo in cui, sul piano gestionale, gli interessi relativi siano tenuti separati da quelli di ogni singolo comune, stante la doverosa diversa ripartizione ed imputazione che deve essere fatta degli oneri finanziari in relazione ai diversi livelli territoriali dei servizi erogati.
L’istituzione dei liberi consorzi dei comuni non esclude, quindi, che lo stesso o l’ente esponenziale degli interessi coinvolti agisca in giudizio quando l’intervento attuativo della legge medesima tocchi livelli più bassi di amministrazione ed incida su interessi più specifici dell’autonomia comunale.
Esso non è quindi un semplice ente di natura consortile, ma ha una propria soggettività giuridica e va considerato come ente politico (rappresentativo), a fini generali, come dimostra, peraltro, la previsione di nuovi organi istituzionali preposti al suo funzionamento. A riguardo è illuminante la sentenza della Corte Costituzionale n. 286/97 sulle aree metropolitane.
Né tale natura è venuta meno sol perché nell’approvazione finale della legge è stato cassato l’inciso “I liberi consorzi hanno personalità giuridica di diritto pubblico” previsto nel disegno originario. Infatti la natura giuridica del libero consorzio è prevista dalla norma statutaria e può essere modificata soltanto con legge di valenza costituzionale.
Conseguentemente, il cumulo in capo ai Sindaci dei singoli comuni anche delle funzioni degli organi del libero consorzio è sicuramente suscettibile di compromettere il libero espletamento della carica e, quindi, i principi tutelati dall’art. 97 della Costituzione.
A riguardo la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato il principio secondo cui “sussistono ragioni che ostano all’unione nella stessa persona di più cariche elettive, conseguentemente è necessario che la legge predisponga cause di incompatibilità idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e sull’efficienza e sull’imparzialità delle funzioni, secondo quella che è la ratio delle incompatibilità, riconducibile ai principi indicati in generale nell’art. 97, primo comma, della Costituzione” (cfr. in terminis sent. 143/10; 67/12). In sintesi il co-esercizio di più cariche in linea di massima è da escludere ed il cumulo degli uffici rileva come causa di incompatibilità anche nel caso in cui esso sia sopravvenuto all’elezione, imponendo di esercitare l’opzione in favore di una delle due cariche ricoperte. E’ del tutto evidente che, ancorché dette sentenze abbiano riguardato altre cariche (deputato regionale e sindaco di comune superiore a 20 mila abitanti) il principio che vieta il cumulo delle cariche ha valenza generale.
D’altronde il legislatore regionale ha già previsto l’incompatibilità tra sindaco e presidente, assessore e consigliere provinciale, quindi sarebbe del tutto irrazionale non prevedere la medesima incompatibilità con i nuovi organi dei liberi consorzi comunali.”
Applicando, quindi, correttamente gli invocati principi, gli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge si appalesano incostituzionali nella parte in cui impongono che le cariche degli organi dei liberi consorzi siano ricoperte dai sindaci dei comuni appartenenti al libero consorzio stesso.”

 

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