Sabato gli Uzeda live al Retronouveau: l’intervista a Giovanna Cacciola

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Sabato 5 ottobre, alle 23.00, gli Uzeda arriveranno a Messina per salire sul palco del Retronouveau: sarà il primo live dell’ottava stagione di via Croce Rossa 33. La band catanese, nata nel 1987, presenta al pubblico della città dello Stretto Quocumque Jeceris Stabit, l’ultimo disco uscito il 12 luglio per Overdrive in Italia e Temporary Residence Ltd. nel resto del mondo. Un lavoro che vuole essere un’esortazione a non lasciarsi abbattere. «Cosa succederà sabato? Rivedremo i nostri cari amici messinesi in uno dei posti che amiamo di più». L’intervista a Giovanna Cacciola, voce degli Uzeda.

Il vostro nome è legato alla porta Uzeda che collega piazza Duomo alla via Dusmet, nel cuore di Catania. C’è una storia dietro o è semplicemente una dichiarazione d’amore alla vostra città?

«Abbiamo scelto questo nome perché è quello di un posto molto particolare, una porta che collega la parte popolana della città a quella monumentale, al centro storico dei palazzi barocchi; da lì puoi guardare la città da due diverse prospettive, quasi fosse un confine tra due mondi diversi. Per noi è una sorta di esortazione a non guardare la realtà solo da un punto di vista».

La ricerca della vostra sonorità in che modo è stata influenzata dagli eventi (del mondo circostante) che hanno attraversato i vostri 30 anni di carriera?

«È stata influenzata in ogni modo. La nostra sonorità è la nostra “voce”, quella con cui esprimiamo quanto facciamo; è la nostra “intenzione” e non può rimanere indenne o indifferente rispetto a quanto avviene intorno a noi».

Nel 1994 siete stati – insieme alla PFM nel 1973 – la band italiana ad aver registrato ben due “Peel Session” negli studi di Londra della BBC, è stata questa la vostra esperienza più emozionante?

«È stata di sicuro un’esperienza unica, molto emozionante e ci ha anche insegnato come si possano fare le cose in maniera semplice e insieme professionale quando ci sono le competenze giuste. È tra i nostri ricordi più cari».

Uzeda – Foto di Davide Patania

A 13 anni da “Stella” è uscito lo scorso luglio “Quocumque jeceris stabit”, nato durante una master class di Steve Albini. Avete parlato di una registrazione insolita e un’esperienza umana bellissima. Ci raccontate com’è andata e in che modo sono nati i pezzi?

«I pezzi sono nati nel corso di questi 13 anni e li abbiamo sempre suonati dal vivo non appena pronti. È sempre stato il nostro modo di relazionarci con le persone che venivano ad ascoltarci, offrire loro tutto quello che avevamo, pezzi nuovi inclusi. Quando abbiamo pensato fosse il momento giusto per registrare, abbiamo avuto l’opportunità di farlo durante la master class che Steve ha tenuto nei pressi di Verona per Sound by Side presso lo studio Sotto il Mare. C’era dapprima il timore che la presenza di persone durante la registrazione potesse in qualche modo distrarci o smorzarne l’intensità. Invece è stato molto piacevole perché i partecipanti sono stati davvero bravi a seguire la master class senza dimenticare che c’era anche una registrazione in corso, tutti molto coinvolti e alla fine grazie a loro è stato un po’ come suonare dal vivo».

Il titolo in latino – “Ovunque lo getti, sta in piedi” – è una sorta di mantra?
«No, è il motto dell’isola di Man che ha in comune con la Sicilia il Triscele come simbolo. La frase si riferisce al carattere forte e indomabile degli abitanti di quell’isola, ma noi lo abbiamo sentito un po’ anche nostro in quanto siciliani, un riferimento al nostro riuscire a sopravvivere alle difficoltà e alle avversità. Può anche essere letto come un’esortazione a non lasciarsi abbattere».
Cosa provate quando salite sul palco?
«Significa che chi viene ad ascoltarti ha deciso di condividere tempo della propria esistenza con te. Chi viene ai concerti ti sta regalando il suo tempo, prezioso perché tempo della vita. È soprattutto questo ad essere emozionante, a farti sentire responsabile di quello che fai; non puoi non ricambiare un regalo così prezioso, anzi il più prezioso di tutti».
Voi della Sicilia ne avete fatto un modo di esprimervi, cosa vi ispira e cosa vi trattiene qui, nonostante le tantissime esperienze all’estero?
«Siamo tutti molto legati alla nostra terra; tutto ci ispira e tutto ci trattiene, incluse le persone, gli amici, gli affetti. Questa è la nostra base, la nostra casa, e quando hai una casa che ami, diventa più facile girare tutto il mondo».
Da artisti e siciliani, cosa dite ai giovani che fuggono via dall’Isola?
«Rispettiamo sempre le intenzioni, le esigenze degli altri, soprattutto dei giovani. Se fuggono, hanno le loro ragioni ed è giusto che le assecondino. Più che dire, penso sia opportuno ascoltare quali sono i motivi che li spingono ad andare via, oltre quelli legati alla difficoltà di trovare un lavoro. Dare loro la certezza che sono liberi di andare dove vogliono e che qui lasciano chi è comunque sempre pronto ad ascoltarli, credo sia l’unica possibilità che abbiamo di vederli tornare».
Cosa succederà il 5 ottobre al Retronouveau?
«Rivedremo i nostri cari amici messinesi in uno dei posti che amiamo di più».

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