Una vita di teatro. Francesca Cannavò e l’amore del dietro le quinte

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Al 15 di via Nicotra c’è Francesca Cannavò che ci aspetta nel suo studio-laboratorio. Sono le 17:05 e Messina sta aspettando la pioggia. Abbiamo visto i suoi costumi e i suoi allestimenti in “Molto rumore per nulla”, il primo spettacolo di prosa andato in scena al Teatro Vittorio Emanuele proprio la scorsa settimana e finalmente siamo riusciti a farle un paio di domande.

Da tempo, infatti, volevamo chiacchierare con una professionista come lei, che negli anni ha avuto modo di lavorare con Giorgio Albertazzi, Gigi Proietti e altri mostri del teatro italiano e che di recente (nel 2019) ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, proprio per la sua attività artistica come Direttrice degli Allestimenti per la Fondazione Taormina Arte.

Con Francesca Cannavò parliamo di teatro, di maestranze e della bellezza di fare cultura in una città come Messina. «Non posso negare l’imbarazzo, devo dire la verità, perché il mio lavoro mi porta a stare dietro le quinte».

Per Francesca Cannavò il teatro esiste da sempre

Francesca Cannavò è una donna elegante e timida, che sa un sacco di cose sul teatro (messinese e non) perché lo ama da sempre. «Penso di aver sempre saputo di voler fare questo lavoro. In particolare amo il mondo del costume, soprattutto i pezzetti di tessuto. Ho incontrato il teatro a 13 anni, l’Istituto d’Arte era di fronte al Teatro in Fiera e l’idea che le compagnie andavano lì era bellissimo. Poi i primi abbonamenti con la scuola e lì ho scoperto un mondo».

Francesca dopo l’Accademia di Belle Arti forma una società cooperativa con altri colleghi. Era la CLAP ed erano gli anni più vitali di Messina. «Per pagare l’affitto – racconta Francesca – facevamo le vetrine, perché non avevamo una lira e abbiamo iniziato a fare il lavoro. Avevamo una grande volontà e caparbietà, ma anche follia di quando sei giovane. Abbiamo lavorato per l’INDA di Siracusa, per la Rai di Napoli che veniva molto spesso a Taormina per gli eventi. Piccole cose che ti facevano scoprire un mondo e ti permettevano di approfondire sempre di più».

Nel 1996 la cooperativa CLAP chiude ma Francesca Cannavò aveva appena iniziato la sua carriera. «Ho fatto la borsa e sono andata a fare esperienze. Ho lavorato con Albertazzi che era direttore artistico di Taormina, fino a fare i costumi di Falstaff per la regia di Gigi Proietti e per moltissimo tempo ho lavorato con Paolo Gazzara, direttore artistico di Tindari. Ho imparato il mestiere».

A Francesca Cannavò il teatro piace da morire

Dopo queste esperienze, adesso storie di vita, Francesca – per una serie di fortuiti eventi – arriva intorno al 2001 e fino al 2013 al Teatro Vittorio Emanuele, il palcoscenico più ambito per gli artisti e gli operatori della cultura messinese. «Il mondo del teatro a Messina era floridissimo, c’era il Romolo Valli, il Teatro Libero, il San Carlino quindi avevi la possibilità di sperimentarti, però un palcoscenico come quello del Teatro Vittorio Emanuele ce lo sognavamo, quando guardi il soffitto del Vittorio Emanuele capisci davvero cos’è il teatro».

Francesca ha vissuto tutte le fasi lunari, se così possiamo dire, della scena culturale della città. C’era anche quando il Teatro in Fiera venne dichiarato non a norma e quindi chiuso. «L’ultimo spettacolo in Fiera, se non ricordo male, – dice ancora Francesca – fu proprio Jesus Christ Superstar, di cui avevo curato i costumi. Da lì in poi ci fu un decadimento. Nel giro di quattro, cinque anni è stato chiuso tutto. Non riesco, pur avendolo vissuto in prima persona, a capire cosa sia successo. L’ordine delle cose superava le teste delle persone comuni».

Sembra che stiamo qui a ricordare i bei momenti che non torneranno più, ma invece il passato è strettamente legato al nostro presente e (banalità) anche al futuro. Senza i teatri, infatti, è difficile fare formazione. «Adesso – aggiunge Francesca – non trovi una persona al di sotto dei 40 anni che tecnicamente abbia un’idea di cos’è il teatro e questo è molto grave. Non c’è stato ricambio generazionale. Ma con “Molto rumore per nulla” è saltato fuori che la città esprime i propri talenti».

Il Teatro di Taormina

Oggi Francesca è la Direttrice degli Allestimenti Scenici del Teatro di Taormina, che in soldoni vuol dire che senza di lei, gli spettacoli non vanno in scena. «Il mio debutto fu con Peter Gabriel, non ti dico la fifa davanti a un mostro del genere. Gestivamo moltissime strutture, con mostre e spettacoli di caratura. L’attività era veramente incredibile.

Adesso, non amo quello che stanno facendo ma su questo dovremmo fare un’analisi generale di quello che è il valore della cultura e il modo di manifestarla. Taormina non ospita più una mostra di prestigio, di rilievo da tantissimi anni. Chi viene nominato direttore artistico non può corrispondere a un’esigenza di ordine politico, che mi rendo conto essere giusto e normale, però il direttore artistico non può fare a meno di avere la coscienza del proprio ruolo. Non può essere solo “potere”. Sta alla coscienza dell’uomo. Noi dobbiamo dare delle risposte».

Il Teatro Vittorio Emanuele

Per Francesca Cannavò la questione coinvolge anche il Teatro Vittorio Emanuele, «molti teatri sono stati costruiti attorno alla struttura di un ente pubblico, che risalgono a un po’ di tempo fa avendo all’interno 65 dipendenti, di cui solo 8 tecnici. Questo nel tempo ha manifestato le lacune». Adesso sembra arrivata, finalmente, una buona notizia per i macchinisti che dovrebbero essere stabilizzati. «La notizia è arrivata durante le prove di “Molto rumore per nulla”, credo che davvero sia un momento di svolta per il teatro. Lo spero tantissimo».

I costumi e le scene di “Molto rumore per nulla”

I costumi e le scene di “Molto rumore per nulla” curate da Francesca Cannavò sono state le nostre cose preferite. «La ricerca – ci dice Francesca – parte dalla lettura del testo, la parola in teatro è indispensabile. Ti trasporta. C’è qualcosa che esce dal copione e ti dà una chiave, la cosa importantissima è la lettura del testo del regista, di solito si lavora in coppia.

Con Giampiero abbiamo messo in scena tantissimi spettacoli, ci scegliamo a vicenda. C’è una cifra stilistica che conosciamo. C’è una ricerca storica profonda ma anche un approfondimento iconografico. Per produrre questo spettacolo è stato un anno di attività e riprendere dopo il covid è stato davvero difficile».

La volete sapere la cosa più bella degli allestimenti? Sono stati realizzati all’interno del laboratorio – a Tremestieri – del Teatro Vittorio Emanuele. «Era talmente importante far ripartire l’attività, che ho espressamente chiesto al teatro di riaprire il laboratorio di costruzione di scenografia e mi hanno detto di sì. Ho creato una serie di livelli per far muovere gli attori, dovevamo dare vita allo spazio e darli la possibilità di crearlo lui, senza essere didascalici. Simona (Simona Celi, direttrice della prosa, ndr.) aveva detto che doveva essere una festa del teatro, la festa non deve essere non solo degli attori. È un segno importante. Si deve trovare un sistema per continuare a produrre. Le scene, i costumi e tutto quello che c’è dentro il teatro deve essere al servizio del pubblico».

 

 

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