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Teatro V.E. Gli studenti del Bisazza mettono in scena l’Antigone di Sofocle

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tn teatro-vittorio-emanuele-messinaSabato 24 maggio, alle 21.00, al teatro Vittorio Emanuele, verrà rappresentata, dagli studenti del Liceo “Felice Bisazza”, l’Antigone di Sofocle. La regista Laura Giacobbe la presenta così:

«La città è la vera protagonista di questo spettacolo, la città di Tebe, appena uscita dalla guerra contro Argo. Nello scontro finale Eteocle e l’esule Polinice, i fratelli di Antigone si sono uccisi a vicenda contendendosi il trono. Morendo l’hanno consegnato allo zio Creonte.

Creonte, il nuovo Re, intende consolidare il suo potere emanando un editto che prevede una degna sepoltura per l’eroe Eteocle e l’abbandono del cadavere di Polinice alla mercè di bestie e uccelli, senza funerale, senza tomba, e la condanna a morte per chi oserà dargli sepoltura.

Antigone si oppone a questa legge e seppellisce, in nome della legge del sangue e secondo il volere degli dei degli inferi, il cadavere del fratello, senza l’aiuto della sorella Ismene, che si rifiuta, decidendo di seguire la legge degli uomini.

Antigone viene scoperta e si prepara a morire, proseguendo la scia di morte di tutta la sua  famiglia, i Labdacidi. Ma la nemesi degli Dei, la punizione crudele di ogni eccesso umano non tarderà ad abbattersi anche sugli altri personaggi.

Questa la trama di Antigone, ma Antigone, sappiamo, non è solo la sua storia, è  un nome-simbolo, capace di rappresentare situazioni che non hanno alcun legame con il contesto in cui Sofocle scrisse e rappresentò la sua tragedia.

Le declinazioni di questa eroina tragica sono infinite, ogni epoca ha un’ Antigone sua propria: l’amante, la santa, la vergine splendente, la terrorista, l’ebrea torturata nei campi di concentramento, la criminale comune, la ribelle fallimentare.

Eppure, sospendendo le Antigoni “contingenti” che la storia e il pensiero filosofico hanno prodotto, resta comunque l’Antigone di Sofocle, un’eroina contraddittoria, ammirevole per il suo sentimento di pietà e per la “possibilità” di autonomia etica che incarna, ma forse anche una passionale che preferisce un gesto estremo rispetto al peso e alla durezza di dover affrontare i nodi della realtà, della vita e della politica. Così come resta Creonte, emblema di un potere altrettanto contraddittorio, non necessariamente ingiusto, non necessariamente corrotto, ma di certo tragicamente ottuso.

E restano, quelle sì, fuori da ogni contraddizione, le domande che Sofocle ha voluto che tutti gli uomini di tutti i tempi si ponessero, le domande sul rapporto tra il potere e la giustizia, sui difetti del diritto e della legge quando questi vengono applicati con durezza e con cinismo, le domande sulla disumanità della pena di morte, sul significato ultimo della disobbedienza civile.

Tutte queste domande invadono la città di Tebe così come invadono le sale dei teatri da secoli, e come immagino abbiano invaso anche la mente dei ragazzi che hanno partecipato a questo spettacolo, diventando amorevoli custodi della solitudine di Antigone, della sua autonomia di giudizio e delle sue contraddizioni».

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