A circa mille km di distanza da Messina c’è il Teatro Due di Parma, luogo in cui Simone Corso (originario di Patti) debutterà in veste di drammaturgo con il suo “Bestie Incredule“, per la regia di Nicoletta Robello. Non è la prima volta che Simone Corso entra in un teatro, ma di certo calcare le scene di un palco così importante, con una storia lunga cento anni, è un fatto notevole.
Anche stavolta, quindi, raggiungiamo Simone con i potenti mezzi della era moderna per farci raccontare del nuovo spettacolo, in programma (per chi, magari si trova in Emilia) dal 27 febbraio al 20 marzo. Simone, intanto come stai? «Bene!». Come sta andando a Modena, come ti trovi? «Bene, grazie!». Come ti senti per questa prima nazionale al Teatro Due di Parma? «Benone!».
Un siciliano a teatro
Simone Corso fa parte di quelle risorse creative e, soprattutto umane, che ha deciso di trovare altrove il suo spazio nel mondo; cosa legittima quando si parla di arte e di teatro, in cui l’elemento dell’azione, del movimento è indispensabile. È nel 2015 che Simone Corso presenta al Torino Fringe Festival il poetico “Contrada Acquaviola n°1” per poi scrivere “Vina Fausa: In morte di Attilio Manca“, “Dante Muore” (presentato al Ravenna Festival), “Lo scoglio del mannaro“, “Casca il vento” e “82 pietre” ( presentato ai Teatri del Sacro).
Adesso tocca a “Bestie incredule”, Simone quando hai scritto questo testo e cosa ti ha spinto a farlo? «Ho scritto una prima versione di “Bestie incredule” nel dicembre del 2020. In quelle settimane era uscito il bando del TeatroDue, Mezz’ore d’Autore, che in un momento di crisi e immobilità ha voluto riaprire un confronto sulla salute della drammaturgia nostrana.
Il bando infatti, oltre a premiare otto testi provenienti da tutta Italia è stato un catalizzatore, ha acceso l’attenzione sulla drammaturgia e l’ha fatto nell’alveo del teatro pubblico. È un segno importante. Ricordo tra l’altro che sono ancora disponibili sul canale YouTube di TeatroDue i due incontri di approfondimento sulla drammaturgia contemporanea tenutisi prima della messa on-line delle Mezz’ore.
Per non sviare troppo dalla risposta, quel bando, com’era stato scritto, da e per chi, ha dato un indirizzo a una serie di pensieri che si affastellavano nella mia mente intorno a un’idea che prendeva corpo nutrendosi di quello che stava succedendo in quel mentre in tutta Europa e nel mondo. È un testo nato quindi da quest’incontro di istanze, di persone. Come il teatro tutto deve essere, credo».
Le Bestie incredule di Simone Corso
Siamo nel 2083 e Susanne racconta una storia successa anni prima che nascesse, torniamo indietro nel tempo: novembre 2020 in Danimarca, in un mattatoio di visoni stravolto dal Covid. Protagonisti i suoi genitori, lo zio, un allevatore di visoni e un tassista. Una pandemia che è già mito. Il tutto reso ancora più vero dalle luci di Luca Bronzo, i costumi di Emanuela Dall’Aglio, dalla scena di
Eleonora Scarponi e dalle musiche di Arturo Annecchino. Sul palco Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen, Pavel Zelinskiy. Una produzione Fondazione Teatro Due, Nutrimenti Terrestri.
Quali sono, secondo te, le intenzioni che lo spettatore dovrebbe osservare guardando lo spettacolo? «Io – dice Simone – non credo che nessuno spettatore venga in teatro con altre intenzioni se non quella di passare piacevolmente del tempo. Credo che chi scelga di investire energie e denaro per andare a teatro lo faccia essenzialmente con la pretesa d’avere una gratificazione. Di che genere sia questo tipo di gratificazione attesa pertiene ad ogni spettatore a seconda dell’esperienza di teatro che ha avuto fino a quel giorno.
Se invece intendi che lo spettatore debba venire preparato a teatro a vedere quello che gli si propone, direi che non è fondamentale. La cosa che invece credo sia fondamentale è che il teatro (chi lo scrive, produce e fa) trovi il suo specifico nel nostro tempo. Non credo si possa (più) offrire allo spettatore nulla che un cinema o una serie o, certamente, un libro, facciano già meglio e con mezzi diversi, ben più affascinanti. E non credo nemmeno che il teatro debba più “reggere lo specchio alla Natura”, come diceva Amleto. Non credo possa essere più quello il suo compito esclusivo, per le stesse ragioni. In teatro deve accadere qualcosa alla gente che lo abita in quel tempo. Altrimenti non è teatro. È la rappresentazione di ciò che fu il teatro.
Credo che oggi si facciano tante rappresentazioni teatrali e poco teatro. Il teatro deve essere sconvolgente nel momento del suo accadere. Non intendo che debba essere osceno, ma che sconvolga l’ordine abituale delle cose. Significa quindi che deve disattendere la richiesta di gratificazione del pubblico di cui parlavo prima? No. Significa che deve indicare la strada verso quella gratificazione. Che essa non sia il risultato di una somministrazione perché non c’è nulla da somministrare. Oggi credo che il teatro “debba farsi Natura”, provando a riscrivere Shakespeare».
La drammaturgia isolana
Se vi è già capitato di vedere i lavori di Simone Corso avrete notato la sua imprescindibile isolanità; talvolta manifesta e talvolta solo implicita. Ci sarà un po’ di Messina, Patti, Sicilia anche in questa creazione? «Se intendi in termini narrativi, no. Messina, Patti, la Sicilia non esistono come cose a sé stanti. Esistono nella mia esperienza di vita, quindi certo, c’è un po’ di loro in me e in quello che scrivo o faccio».
Ti stai dedicando esclusivamente alla drammaturgia o è solo un caso che la regia di questo spettacolo non la firmi tu? «Credo bisogna ripensare il ruolo del regista. Penso che nella nostra cultura la figura del regista sia percepita come un factor che tira dall’alto le fila delle parti. Penso che oggi non abbiamo più bisogno di fili che scendono da una sola mano, ma di intrecci. Forse è solo un caso che non firmi io la regia, forse non lo è (cosa lo è?) So che abbiamo bisogno di assemblee. Il mio testo s’inscrive in questo pensiero. Credo che anche la regia di Nicoletta Robello ci s’inscriva dentro». Prossimi progetti? «Si muovono delle cose. Se ne parlerà a tempo debito, se vorrete». Quando torni? «Mica sono Ulisse. Mettiamo al bando gli eroi!» Noi, invece, speriamo che Simone torni presto a Messina per vedere il suo nuovo spettacolo.
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