foto d'epoca del collegio sant'ignazio di messina, a piazza cairoli

Quella scuola dove oggi c’è l’Oviesse: la storia del Collegio Sant’Ignazio (e della sua demolizione)

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Ce lo raccontavano sempre i nostri genitori: “Lo sai che dove ora vai a fare shopping, prima c’era una scuola”. Sì, perché a piazza Cairoli, al posto dell’Oviesse – un tempo avremmo detto “al posto della Standa” –, c’era il Collegio Sant’Ignazio, l’Istituto dei Gesuiti, demolito nel 1975 e poi ricostruito sul viale Regina Margherita. E accanto c’era una chiesa – che in parte c’è ancora –, ma che appariva molto diversa da come la vediamo oggi.

Ci sono pezzi della storia di Messina di cui sentiamo spesso parlato e che, a livello molto superficiale, rientrano nel nostro bagaglio di conoscenze. Ecco chi scrive non aveva mai approfondito questo particolare sebbene ne avesse sentito parlare fugacemente tante volte. Questo finché, in un pomeriggio di sole, non sono incappata nel cartello che c’è da tempo immemore proprio sul palazzo dell’Oviesse. È un pannello dono degli ex alunni della classe del 1965 che racconta brevemente il passato di quelle mura.

chiesa di santa maria la scala dietro il collegio sant'ignazio di messinaPartiamo da una brevissima premessa storica: a Messina i Gesuiti sono arrivati nel 1548 per volontà del fondatore dell’Ordine, Ignazio da Loyola, e furono tra i fondatori dell’Università (con tutti gli screzi del caso con la società politica del tempo e la rivale Catania). L’attuale sede del Collegio Sant’Ignazio – in via Ignatianum, salendo dal viale Regina Margherita – non è che l’ultima in ordine di tempo. Nel 1925, infatti, su richiesta dei padri gesuiti, l’architetto Antonio Zanca – che, come sappiamo, ha apposto la sua firma anche sul palazzo del Comune – fu chiamato a progettare il Collegio, che ospiterà le scuole elementari, le medie, il ginnasio, il liceo classico e lo scientifico. Al suo fianco nel 1933 sarà eretta la chiesa di S. Maria della Scala, in stile neo arabo-siculo-normanno, con tre navate, due torri campanarie e tre cupole.

In parte danneggiato durante la seconda Guerra Mondiale, il complesso venne ricostruito e ampliato, il cortile interno venne rifatto con una pavimentazione in marmo e l’edificio arricchito con un piano in più, al quale si accedeva da un’ampia scalinata. Come ha spiegato diversi anni fa l’architetto Nino Principato in un articolo apparso su “Il Soldo”, intorno agli anni ’70 i gesuiti decisero di vendere l’edificio a causa dei debiti. Dopo una prima trattativa, l’Università, che era in lizza per acquistare la struttura, fece un passo indietro e ad aggiudicarsela fu l’ingegnere Giuseppe Franza.

Nel 1975 il Collegio dei Gesuiti venne demolito e al suo posto venne costruito l’edificio che un tempo ospitava la Standa e che ora è sede dell’Oviesse. La Chiesa di S. Maria della Scala rimase, ma la sua fisionomia venne totalmente stravolta.

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  1. Ho fatto le scuole medie dal 1970 al 1972. Ho pure fatto la prima comunione. Un ricordo indelebile una scuola straordinaria. Padre Pintacuda il preside. Un grande dispiacere avere saputo del suo abbattimento

  2. Storie molto interessanti,in special modo la presenza dei Gesuiti a Messina.

  3. Come sappiamo i privati naturalmente perseguono obiettivi del vantaggio economico ed in generale non si interessano di beneficiare la Comunità in cui sono inseriti. Per questi motivi credo sarebbe più corretto un sostegno tecnico pubblico per condurre opere di tipo tecnico-scientifico-culturale come il ripristino di siti archeologici nella fattispecie l’Antiquarium. Anzi sarebbe opportuna una ampia discussione tra Università, Licei Artistici, Esperti del settore ecc. per chiarire che cosa si deve attivare, come attivarla e quale beneficio può averne la Città di Messina.

  4. Con l’abbattimento di quest’opera dell’architetto Zanca è stato distrutto un pezzo della storia di Messina ma anche un pezzo del passato di tutti coloro che hanno trascorso in quell’edificio indimenticabili anni della loro vita. Per me sono stati tredici (dalla I elementare fino alla maturità classica). E’ stato per molti come vedere tagliate le proprie radici e sentirsi privati di un riferimento – anche visivo – è stato come vedere cancellate le origini della propria formazione culturale, oltre che la memoria di meravigliosi momenti di svago e di socialità,senza voler poi considerare il danno artistico e culturale subito dall’intera cittadinanza messinese.

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