«La fotografia – chiarisce Franz Riccobono – riprende una parte dei reperti lapidei depositati nella spianata del San Salvatore dei Greci, oggi Museo Regionale Interdisciplinare di Messina (MuMe). A seguito dei crolli, centinaia, migliaia di reperti vennero recuperati grazie all’opera meritoria avviata dal professor Antonino Salinas che fece tutto il possibile per evitare la dispersione delle opere d’arte contenute negli edifici crollati a seguito del sisma del 1908».
«Si tratta – aggiunge – di una congerie sconfinata di sculture, lapidi, tarsie marmoree provenienti prevalentemente da edifici di culto (erano circa 150 le chiese messinesi prima del terremoto, oggi sono una cinquantina quelle ricostruite grazie all’opera energica e risoluta dell’Arcivescovo ricostruttore Monsignor Angelo Paino negli anni ‘30), ma anche da antichi palazzi nobiliari».
«Nel nuovo percorso espositivo – prosegue Franz Riccobono – solo una percentuale ridotta di quanto recuperato è proposta al visitatore, mentre la gran parte delle opere (certo non le più importanti) si trovano nei depositi del Museo; purtroppo anche accatastati nel giardino, esposti alle intemperie».
«Per molti di questi reperti esclusi dalla fruizione – conclude – sarebbe auspicabile la ricollocazione o presso gli edifici di provenienza, ricostruiti, o in un lapidario che potrebbe consentire la rilettura e la fruizione di questi frammenti della storia cittadina. Ancora alcune di queste opere, le più imponenti e di relativo pregio artistico, potrebbero adornare le principali piazze cittadine, come per esempio la molto squallida piazza Cairoli, ricordando ai messinesi ed ai turisti che Messina è risorta nel ‘900 ma è stata fondata nella preistoria ed ha una stratificazione monumentale di oltre 4.000 anni».
(Foto dell’archivio di Franz Riccobono e Giangabriele Fiorentino)
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Grazie Franz, Messina e i messinesi hanno grande bisogno della competenza per ritrovare un orgoglio oggi sopito.