Ha generato non poco clamore il “concorso di idee” lanciato dal Comune di Messina per la realizzazione del logo legato al brand “Messina, Città di Antonello”. A far storcere il naso ad addetti ai lavori e non è stata, da una parte, la cifra in palio (500 euro lordi), dall’altra la formulazione stessa dell’avviso indirizzato genericamente a designer e grafici. Abbiamo chiesto un parere ad un esperto del settore, Gianfranco Moraci, brand communication advisor.
Facciamo un passo indietro. Lo scorso 20 febbraio il Comune di Messina ha lanciato un “concorso di idee” per la creazione del logo che dovrebbe rappresentare il brand “Messina, Città di Antonello”. Brand su cui la Giunta Basile intende puntare – insieme ad altre iniziative – per un rilancio del turismo culturale nella città dello Stretto. Il bando, disponibile qui, ha però generato subito una certa polemica tra addetti ai lavori e non. Per vederci più chiaro, si diceva, abbiamo chiesto il parere di un esperto, il brand communication advisor Gianfranco Moraci, messinese, con alle spalle clienti del calibro di GEDI, RCS, Sole24 Ore, la Regione Lombardia, il Ministero della Salute, e così via.
A colpirlo, in principio, la genericità dell’avviso pubblico del Comune di Messina, che chiede la realizzazione di un logo, senza però una reale progettazione: «Nel momento in cui si deve progettare un brand – ci spiega Gianfranco Moraci –, occorre realizzare un brand book, un documento complesso e composito, un vero e proprio “manuale” che prevede tutte le applicazioni future di un brand. Non è un lavoro che si improvvisa, è frutto di uno studio. Per fare graphic design e brand design si studia per anni, ci sono scuole come lo IED o la NABA, le persone sono qualificate per fare questo lavoro, non ci si improvvisa».
Poi la cifra messa “in palio”, per così dire: 500 euro, lordi: «Le applicazioni visive di un brand – chiarisce – sono più importanti e ben più costose dei 500 euro messi a bando. Nelle gare pubbliche più importanti, l’AIAP che è l’associazione di categoria, prevede che venga inserito un rimborso spese per chi partecipa, perché nel momento in cui si partecipa il lavoro è già fatto. Questa cosa qui è paradossale perché non rispetta una professione e non la riconosce. È proprio fatto male il bando, non spiega cosa deve rappresentare, cosa deve raccontare della città di Messina e del rapporto di Antonello con questa città».
Per capirci, un lavoro di questo tipo, chiediamo a Gianfranco Moraci, quanto costa all’atto pratico? «In genere è proporzionato alle dimensioni dell’impresa – sottolinea. Ai tempi, il vecchio marchio di Alitalia è costato un miliardo di lire. Ci sono aziende che riesco ad avere brand a 20mila/30mila euro, ma perché il tipo di applicazione che si richiede è modesta, campagne locali o regionali. I costi sono variabili anche tra i 20mila e i 400mila euro. Un’azienda piccola, come un caffè locale, per esempio, spende tra i 2mila e i 10mila euro per realizzare un brand». Insomma, cifre ben più alte dei 500 euro, lordi, previsti dal Comune di Messina. Solitamente, specifica, «le amministrazioni pubbliche mettono nel bando una cifra rapportabile al valore di mercato del brand che stai chiedendo. In Toscana una cosa del genere non succederebbe mai, anche perché loro hanno degli istituti di alta formazione. Per fare un altro esempio, un brand per il Comune di Roma, destinato però solo ad alcune applicazioni, è costato 20mila euro».
Quale suggerimento, quindi, per chi è indeciso se partecipare al bando, magari qualche giovane designer della città di Messina? «È ridicola la cifra che stanno proponendo – evidenzia Gianfranco Moraci. A prescindere dalla cifra ridicola, considerando anche le tasse, io consiglio di non farlo. La mortificazione è quella classica di una certa parte del privato: il discorso del “tu fai un lavoro e ti do una visibilità”. Qui non mi stai dando però nessuna garanzia nemmeno sulla visibilità di quello che sto per fare. Mi stai chiedendo a un prezzo pezzente un lavoro di progettazione».
Quindi, insomma, l’idea della Giunta Basile di ricorrere a un “concorso di idee” con un “premio” di 500 euro non convince gli addetti ai lavori: «Quest’Amministrazione – precisa infine Gianfranco Moraci – non mi sta deludendo, anzi la trovo particolarmente fattiva. Vedo che fanno le cose e cercano di farle bene. Il modo in cui lavorano agli eventi, però, per esempio, usa lo stesso criterio. Si percepisce come non ci sia all’interno nessuno del mestiere che faccia da guida». Insomma, la sensazione, che traspare dall’avviso pubblico, analogo a quello riguardante, per esempio, YoungMe, è quella di una certa disattenzione quando si tratta di professioni afferenti all’area delle arti visive (per fare un esempio), che richiama una vecchia domanda: «Pagheresti l’idraulico allo stesso modo? O “in visibilità”?».
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