Foto realizzata con drone dello Stretto di Messina

Stretto di Messina “pattumiera”? La prof.ssa Spanò: «Un diamante da difendere»

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La professoressa Nancy Spanò dell’Università di Messina commenta lo studio dei colleghi di Barcelona e fa alcune precisazioni: «Lo Stretto di Messina è molto più della pattumiera che è stata troppo frettolosamente descritta, seppur dei dati obiettivi dimostrano che i rifiuti ci sono, limitati al tratto fra Tremestieri e Reggio».

Nei giorni scorsi, uno studio fatto dall’Università di Barcelona e pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters aveva evidenziato come, in alcuni punti dello Stretto di Messina, il numero di oggetti depositati sul fondale supera il milione per chilometro quadrato. Oggi, la professoressa Nancy Spanò, Delegata UniMe per le Iniziative scientifiche a tutela dell’Ambiente e del patrimonio marino, ha voluto dire la sua.

«Le caratteristiche ecologiche, biologiche, idrologiche dello Stretto di Messina – ha detto – si riflettono sugli organismi che lo popolano, influenzando l’intero assetto biologico dell’ambiente con il risultato di avere a disposizione uno straordinario ecosistema, unico nel Mediterraneo per abbondanza di specie, biodiversità e biocenosi. I fondali del nostro mare sono caratterizzati da condizioni particolari, che rendono lo Stretto un ambiente unico nel Mediterraneo. Lo Stretto, dunque – ha aggiunto – è molto più della pattumiera che è stata troppo frettolosamente descritta, seppur dei dati obiettivi dimostrano che i rifiuti ci sono, limitati al tratto fra Tremestieri e Reggio».

«Secondo la ricerca condotta dalla Universitat de Barcelona – aggiungono dall’Ateneo – e da ricercatori internazionali lo Stretto di Messina è stato considerato al primo posto nella classifica della “sporcizia sottomarina”, ma è bene ricordare che il tratto oggetto dello studio dell’Ateneo Catalano è di circa 7 chilometri, mentre l’Università di Messina vanta ricerche continue ed uno studio su una lunghezza di circa 70 chilometri».

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