“I dati della Svimez sul Mezzogiorno – dichiara il segretario generale della Cgil di Messina Lillo Oceano – confermano, insieme a quelli di altre autorevoli istituzioni, ciò che la Cgil denuncia da tempo: la drammatica situazione del Mezzogiorno, sia dal punto di vista produttivo che sociale. Desertificazione industriale e produttiva in generale, aumento della povertà, brusco calo della natalità, incremento dell’emigrazione, calo delle iscrizioni all’università, sono i titoli principali di un declino che deve essere immediatamente arrestato se non si vuol assistere al disastro. Un territorio nel quale risiede un terzo della popolazione ma soltanto il 26% degli occupati, ha pagato in questa crisi il tributo più alto in termini di disoccupazione, infatti il 70% dei posti di lavoro persi riguardano il Mezzogiorno. Aumento della povertà assoluta ma soprattutto di quella relativa mostrano la drammatica perdita di reddito e l’estendersi del cd lavoro povero, segno del peggioramento della qualità del lavoro rimasto e dei bassi livelli di reddito. La perdita di 13 punti di Pil nel periodo 2008-2014 mostrano una desertificazione produttiva inarrestabile.
Questi dati, che riguardano l’intero Mezzogiorno, costituiscono un vero e proprio dramma sociale per le popolazioni del Sud, ma rendono praticamente impossibile l’uscita dell’intero Paese da una crisi che rischia di essere esiziale: con questi ritmi, come dicono anche al FMI, servono più di vent’anni per tornare ad avere i livelli di occupazione pre crisi. Anche i dati rilasciati oggi dall’ISTAT ci dicono che diminuisce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, mostrando come le misure adottate dal Governo Renzi non funzionano.
Le politiche di austerità e il taglio degli investimenti, fenomeno che in Italia è avvenuto soprattutto in danno del Mezzogiorno, stanno aggravando la crisi invece di risolverla. Servono altre politiche con investimenti, anche nazionali oltre quelli della programmazione europea, e infrastrutture, creazione di lavoro e modernizzazione infrastrutturale dell’intero Paese (non alta velocità al Nord e binario unico al Sud). Servono una politica nazionale che si occupi di Mezzogiorno, ma anche scelte nei territori in direzione di sviluppo, innovazione e investimenti. Concentrando le risorse in pochi, selezionati, obiettivi, smettendola con la dispersione in mille rivoli della spesa, individuando una cabina di regia che torni ad occuparsi di Mezzogiorno”.
“La nostra provincia – evidenzia Oceano -, come abbiamo più volte segnalato con i nostri report, ha condizioni ancora peggiori della già disastrosa media del Mezzogiorno e paghiamo un prezzo ulteriore per l’assenza, da decenni, di una classe dirigente capace di amministrare, rappresentare, difendere questo territorio.
Sfruttare l’opportunità dello status di Città Metropolitana, compiere scelte in direzione della messa in valore delle potenzialità produttive e della vocazione geografica e logistica di quest’area, trarre opportunità degli investimenti privati programmati nell’area industriale di Milazzo, creare sinergie tra le istituzioni per valorizzare le nostre produzioni e creare filiere produttive, sono la via maestra che non riusciamo ancora ad imboccare.
Ci sono, però, anche esperienze importanti, come quelle che sta mettendo in campo il nuovo corso dell’Università di Messina con il Pan Lab e il Cerisi, che dimostrano come si possa fare ricerca e innovazione e costruire potenzialità di crescita economica di un territorio. Ma in questi percorsi il fattore che fa la differenza è la capacità di costruire reti, innanzitutto tra enti e amministrazioni pubbliche che costituiscono una infrastrutturazione esistente anche nei nostri territori, basti pensare alle università e ai centri di ricerca, ma anche alle amministrazioni pubbliche, per orientare le scelte e gli investimenti, mettere a disposizione le risorse disponibili, orientare, facilitare e sostenere la costituzione di reti e sinergie tra produttori.
Avere una visione e un progetto di sviluppo produttivo del territorio, mettere assieme tutti i necessari protagonisti per arrestare la discesa e iniziare la risalita, costruire e/o mettere in valore opportunità di sviluppo, essere capaci di fare sintesi delle richieste irrinunciabili del territorio nei confronti dei Governi nazionale e regionale, pur nell’unitaria arretratezza dell’intero Mezzogiorno, sono la differenza principale nella condizione di questa provincia rispetto ad altre che, nella crisi, mostrano ben altra vitalità e sono capaci di intercettare investimenti per la realizzazione di quelle infrastrutture indispensabili per lo sviluppo.
Dobbiamo ritrovare l’energia necessaria per rivendicare al Governo nazionale investimenti e infrastrutture per il Mezzogiorno e per l’Area dello Stretto di Messina, ma dobbiamo avere anche la capacità di immaginare e realizzare un nostro modello di sviluppo, rimboccandoci le maniche superando definitivamente i limiti costituiti da una economia basata soprattutto sulle rendite parassitarie e immobiliari che hanno costituito un limite importante allo sviluppo”.
(333)