Adesso è ufficiale, certificato da uno studio di caratterizzazione realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina: la zona Falcata è un sito contaminato. Inviato lo studio alla Regione Siciliana, l’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto aspetta ora la conferma per poter iniziare a progettare gli interventi di bonifica. Il presidente Mario Mega: «Chiederemo che ci mettano in condizioni di isolare completamente l’area». Difficile, ad oggi, quantificare tempi e costi, ma una cosa è certa: serviranno nuove risorse, oltre a quelle messe a disposizione dal Decreto Aiuti.
Lo hanno confermato le indagini che hanno portato alla redazione del “Piano di caratterizzazione ambientale finalizzato alla bonifica della Zona Falcata del porto di Messina”: l’area è contaminata. Obiettivo dell’AdSP è quello di rendere nuovamente fruibile l’area alla cittadinanza. In una parte verrebbero realizzati i nuovi uffici (quelli che non si faranno più all’ex Teatro in Fiera, per intenderci), il resto andrebbe riqualificato creando spazi verdi e aree per il tempo libero per tutta la famiglia. Intanto, però, sottolinea il presidente Mario Mega, la zona contaminata va isolata totalmente, l’accesso deve essere consentito solo per ragioni di studio e di lavoro, e con le dovute cautele.
A commentare lo studio, il presidente Mega: «È uno step molto importante che ha consentito di elaborare l’indagine di rischio specifica. L’area – ha sottolineato – non tornerà a essere industriale, ma sarà legata alla permanenza di persone, con la possibilità di creare spazi verdi. Devono quindi essere rispettati degli standard di qualità. Da Piano Regolatore Portuale tutta l’area è per quasi due terzi interessata da un vincolo archeologico che riguarda la Real Cittadella; quindi ogni attività potrà essere realizzata tenendo conto di questo fattore. In ogni caso, siamo attualmente in una fase “alta”, non entriamo nel merito dei progetti, ma stiamo lavorando anche per comprendere quali sono i costi della bonifica delle diverse aree». L’Autorità Portuale ha già inviato lo studio, confrontato con i rilievi dell’Arpa, alla Regione Siciliana che dovrà convocare una conferenza di servizi per analizzare il piano. Una volta fatto questo, dovrà essere elaborato un progetto di bonifica e ripristino ambientale. Poi si arriverà alla riqualificazione.
Soddisfatto il Rettore UniMe Salvatore Cuzzocrea: «In questa città ci sono sempre state tante parole e pochi fatti. Mentre nelle altre città si faceva, da noi si parlava; oggi invece si è fatto. Ci siamo messi insieme, noi e l’Autorità Portuale, per fare una base concreta e restituire una zona importante alla città. Senza questa sinergia saremmo ancora a discutere. Invece adesso abbiamo la prova provata che dice che quella zona è contaminata. Per 20 anni la zona Falcata era una bomba ecologica. Nessuno si è posto il problema di cosa si potesse fare. Dal 2018 ad oggi le istituzioni di questa città sanno parlarsi e provano a fare le cose. Questa è l’amministrazione del fare, non del raccontare».
Zona Falcata, cosa dice il Piano di caratterizzazione per la bonifica
Il “Piano di caratterizzazione ambientale finalizzato alla bonifica della Zona Falcata del porto di Messina” presentato questa mattina in conferenza stampa all’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto certifica la contaminazione dell’area. A redigerlo, un gruppo di lavoro dell’Università degli Studi di Messina coordinato dalla Prof.ssa Candida Milone e composto dalla Prof.ssa Concetta De Stefano e dal Prof. Giovanni Randazzo, con la collaborazione del Prof. Gabriele Lando, della Prof.ssa Maria Francesca, della Dott.ssa Stefania Lanza e della Dott.ssa Maria Cascio. Per realizzarlo sono stati spesi 527mila euro.
Più nel dettaglio, lo studio evidenzia che in tutta l’area analizzata, sono stati trovati contaminanti, con concentrazioni diverse, sia di natura inorganica come i metalli, presenti nello strato superficiale, che di natura organica, come IPA, PCB, idrocarburi, rilevati nel suolo profondo. Nella zona a nord est dell’ex inceneritore è stata rilevata la presenza di PA, diossine e metalli compatibili con i processi di incenerimento. Si tratta di contaminanti compatibili con le attività svolte un tempo nella zona Falcata, in cui erano presenti oltre all’inceneritore, anche l’ex Degassifica, l’ex cantiere SMEB e altre attività cantieristiche. Le indagini hanno riguardato sia la superficie, sia il sottosuolo e i sedimenti marini. La porzione a maggior rischio cancerogeno è risultata essere quella dell’ex inceneritore. Non vi è un rischio fuori dal sito, ha specificato a conclusione della presentazione la professoressa Milone, la zona al di là dell’inceneritore non è a rischio.
Nel complesso sono state effettuate, oltre all’esecuzione delle indagini strumentali di campo, circa:
- 15.000 determinazioni analitiche per i campioni di suolo e sottosuolo
- 2.000 determinazioni analitiche per i campioni acque sotterranee;
- 2.500 determinazioni analitiche per sedimenti marini..
Non rientra nell’area oggetto d’indagine quella dell’Eurobunker, perché ancora in disponibilità della Società che ne ha la concessione. La concessione era stata revocata, ma la Società aveva fatto ricorso, quindi si è arrivati a una fase di stallo. Attualmente è stata attivata un’interlocuzione con la curatela fallimentare. Al di là di questo, in conferenza stampa è stato evidenziato come, in teoria, la necessità di bonifica non dovrebbe comunque bloccare i progetti per la Real Cittadella.
Il PDF con l’analisi completa è disponibile a questo link.
(322)