Messina. Ritrovati a Mistretta nuovi resti dell’antica città Amistraton, risalenti al IV e III secolo avanti Cristo. Si tratta di strutture murarie, tombe e scheletri, rinvenuti nel corso di uno scavo dell’Italgas finalizzato al posizionamento di nuove tubature del gas.
Di fronte a questa fortunata scoperta, la soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Messina ha subito disposto l’interruzione dei lavori per consentire ai propri archeologi di esaminare i reperti rinvenuti. Gli scavi, realizzati con il sostegno di Italgas, hanno fatto riemergere strutture murarie risalenti al IV secolo avanti Cristo in una zona che si pensava a quei tempi non fosse abitata e in cui, finora, erano state rinvenute solo tombe a un livello più superficiale.
Proprio sotto la Mistretta attuale, a largo San Vincenzo, come ha spiegato la dottoressa Gabriella Tigano, responsabile archeologa della soprintendenza: «È stata rinvenuta una stratigrafia di grande interesse, costituita da strutture di età tardo-romana del IV e V secolo dopo Cristo e da strutture murarie databili fino al III e al IV secolo avanti Cristo».
Questo sorprendente risultato è stato raggiunto grazie al supporto dell’azienda, che ha messo a disposizione un georadar con cui è stata esaminata l’intera zona e che ha permesso di scavare fino a una profondità, finora mai raggiunta in quella particolare area, di circa 3 metri.
La scoperta può, quindi, dirsi rivoluzionaria nell’ambito della ricerca sulle origini dell’antica città di Amistraton, ancora non definite con certezza: «Classicamente – ha chiarito la dottoressa Tigano – si pensava che la zona abitata in antichità fosse solo quella su cui poi è stato costruito il Castello, perché lì sono stati rinvenuti i resti di una basilica, di una città muraria. I recenti ritrovamenti ci consentono, invece, di ipotizzare che anche l’area su cui sorge oggi Mistretta fosse abitata già in precedenza».
Adesso il Comune di Mistretta e la Soprintendenza si trovano in una fase interlocutoria. Si deve scegliere se, come vorrebbe l’Amministrazione, lasciare lo scavo aperto per consentirne la valorizzazione e la fruizione, sia da parte di un pubblico che degli studiosi; oppure se ricoprire l’area, anche solo provvisoriamente, e rifare la pavimentazione per renderla nuovamente agibile. Si tratta di una zona centrale del paese, in cui le persone circolano quotidianamente e in cui si svolge un’importante processione religiosa. Questa seconda opzione, che solitamente è la prassi, non escluderebbe, in ogni caso, una futura riapertura dello scavo per procedere con le ricerche. Chiaramente, l’attività archeologica sarebbe possibile solo nel caso di un finanziamento.
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