Messina. 51 milioni di euro nella Cassa del Comune. Signorino: «Ecco cosa vuol dire»

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Dopo la firma dei documenti riguardanti il passaggio della Cassa del Comune e la comunicazione del saldo attuale di 51 milioni di euro da parte del sindaco uscente Renato Accorinti, molti messinesi si sono interrogati sul perchè questa cifra non sia stata spesa dalla scorsa Amministrazione.

La risposta arriva puntuale dall’ex assessore allo Sviluppo Economico, Guido Signorino, che in una nota chiarisce alcuni punti fondamentali sull’argomento.

«L’amministrazione Accorinti lascia un avanzo di cassa di 51 milioni. Perché non ha speso questi soldi? Bisogna distinguere tra “bilancio” e “cassa”: il bilancio pianifica le spese in base alle previsioni di entrata; la cassa consente di pagare le spese attingendo alle entrate che man mano si realizzano. I soldi che sono in cassa non sono liberamente disponibili, ma hanno la destinazione già stabilita dal bilancio.

Se le entrate ritardano la cassa soffre e si ricorre all’anticipazione di tesoreria (la “scopertura” del conto). Quando noi siamo arrivati il Comune raschiava il fondo del barile, con una anticipazione di 50 milioni; oggi lasciamo un avanzo di 51 milioni. Nel 2013 il Comune era in anticipazione per 365 giorni l’anno (le riscossioni erano regolarmente insufficienti), con ritardo di 4-6 mesi nei pagamenti alle partecipate e ai servizi sociali, frazionamenti e ritardi nel pagamento degli stipendi. Il Comune aveva avuto dal Governo un’anticipazione straordinaria di altri 14 milioni, senza la quale il saldo negativo di cassa sarebbe stato di circa -65 milioni. In questi anni abbiamo allineato i pagamenti a partecipate e servizi, onorato gli stipendi, stabilizzato i precari e restituito l’anticipazione al Governo, riducendo e poi azzerando il ricorso all’anticipazione. Abbiamo gestito un problema di liquidità tra marzo e maggio 2016, rimettendo in sanità il rapporto tra entrate e uscite di cassa. Nel 2018 non c’è stato nemmeno un giorno di anticipazione. È un pezzo di risanamento.

Quanto al bilancio, molte entrate sono vincolate, mentre buona parte delle risorse “libere” ha comunque destinazione obbligatoria (stipendi, contratti, utenze, servizi obbligatori per legge, ecc.).  Inoltre, il peso dei debiti del passato, il federalismo fiscale (che riduce i trasferimenti da Stato e Regione) e le nuove norme sui bilanci (che, in vigore dal 2015, obbligano ad aumentare vari fondi di accantonamento) riducono fortemente lo spazio per i servizi in sede di costruzione dei bilanci. Fare i bilanci è dunque sempre più complicato e, in prospettiva, la “flat tax” del “contratto” M5S-Lega è un attentato al Sud, perché taglierà ulteriormente i trasferimenti per i Comuni meridionali, costringendoli a ridurre ancora i servizi ai cittadini.

La scorsa settimana la giunta ha adottato un bilancio 2018-2020 strutturalmente equilibrato e che finanzia tutti i servizi obbligatori per legge, non potendo andare molto oltre. Il piano di riequilibrio a 20 anni avrebbe consentito al bilancio di respirare, con maggiori risorse per circa 24 milioni che avrebbero evitato tagli e consentito un maggior finanziamento di servizi. Il rigetto di questa proposta lo scorso 28 febbraio da parte del Consiglio è stato un atto scellerato che, per andare contro la Giunta, ha imposto alla città il pesantissimo costo di 24 milioni in tre anni. È il marito che si evira per far dispetto alla moglie.

Per questo il recupero del piano a 20 anni dovrebbe essere il primo atto di qualunque amministrazione che voglia costruire qualcosa di positivo per Messina e per i messinesi. Perché per poter spendere, oltre a (anzi, prima di) una cassa attiva, occorre che ci sia un bilancio che respira».

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