“Il Masterplan è uno strumento pensato per lo sviluppo e il futuro del territorio, per dare opportunità, non per coprire emergenze presenti o passate”. Tonino Genovese, segretario generale della Cisl Messina, interviene nel dibattito legato ai progetti del Masterplan per il Sud dopo le dichiarazioni del vicesindaco di Messina, Guido Signorino. “Per la fragilità del territorio, per il dissesto idrogeologico e per l’esposizione al rischio sismico – afferma Genovese – ci sono altri canali di finanziamento, diversi e a se stanti rispetto al Masterplan. Parlare di prevenzione al rischio sismico e idrogeologico da inserire nel Patto per il Sud significa non dare il giusto valore a uno strumento che deve rappresentare un’opportunità fondamentale per la città di Messina, ovvero quella di programmare un futuro di sviluppo e di lavoro”.
E su come utilizzare questi fondi dice la sua anche l’Ordine degli architetti. “Questo Masterplan dovrebbe rappresentare a nostro giudizio l’occasione per ragionare su urbanistica e architettura, ma anche su economia e agronomia: sui rapporti tra forme insediative e spazio della “natura”, tra morfologia urbana e morfologia della “terra” (forme del suolo), tra i caratteri dei luoghi e il loro sviluppo nella omogenea e allo stesso tempo multiforme realtà del territorio. Un Masterplan fondato su un programma che aspiri a fare del “progetto” e dei nuovi “scenari” da esso definiti, “luoghi” in cui l’intera collettività, di Messina e del suo territorio, possa riconoscersi”.
“Dobbiamo riflettere che per questa città esiste un’altra grande questione: lo sradicamento dal passato, ancora conseguenza traumatica del sisma del 1908. Uno sradicamento che ha prodotto una continua ansia di “ricostruzione” e dalla quale vogliamo provare a liberarci, per cercare di uscire fuori da quella sgradevole sensazione d’essere continuamente in balia di un “terremoto”. Vogliamo credere che sia possibile superare quelle contingenze che rischiano di trasformarsi in una provvisorietà senza sbocchi; vogliamo provare a uscire fuori dalla costante necessità di governare l’emergenza. Se si analizza il valore topologico del territorio messinese, se pensiamo al rapporto tra le forme della natura e le forme insediative, se pensiamo, solo a titolo esemplificativo, alle forme dei “litorali” –alla loro definizione in relazione all’interpretazione del senso di un waterfront dilatato- se pensiamo alle forme delle fiumare -vere e proprie “camere di natura- e al valore dei numerosi centri storici interni, istintivamente identifichiamo in questi sistemi i temi principali da affrontare nella definizione del Masterplan.
Il carattere oggi di questi luoghi denota una complessiva fragilità rispetto ai problemi cui si accennava: la dispersione urbana, la mancanza di adeguate infrastrutture, gli eventi climatici esterni e i disastri ambientali provocati (che hanno anche seminato morte e distruzione), i black out energetici e di risorse primarie (la recente crisi relativa all’approvvigionamento idrico dall’acquedotto Fiumefreddo). A questa fragilità e all’incapacità di proporre scenari positivi dobbiamo opporci provando a offrire invece atteggiamenti operativi più incisivi che permettano di passare dal “cosa” al “come” nei confronti di una grande trasformazione in atto: dal saper riconoscerne le cause, ma anche e soprattutto dal saper proporre scenari che diano risposte”.
Un progetto, quello del Masterplan, che deve provare a farsi carico degli aspetti drammatici con cui oggi si pone, più di altri, il problema delle infrastrutture: forse proprio a partire da questi aspetti (dal progetto della strada, o del nuovo acquedotto, di una linea tramviaria) si può concentrare la carica dirompente di una nuova configurazione urbana contemporanea. Possono essere forse le soluzioni su rinnovate reti infrastrutturali, per la mobilità, per la messa in sicurezza del territorio, a incidere in modo decisivo sulla ricostruzione duna nuova città finalmente metropolitana”.
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