Ma quelli che vivono da soli come stanno trascorrendo la quarantena? Noi, affamati di storie e di cambiamenti – soprattutto in questo periodo di “domiciliari forzati” – abbiamo chiesto a 4 ragazzi di raccontarci la loro percezione, solitaria, di quello che sta accadendo.
Amichevolmente li chiameremo i reclusi solitari. Sono siciliani, alcuni vivono a Messina, altri vivono fuori dall’Isola e che per coscienza e responsabilità non sono tornati a casa. Sono i 4 reclusi solitari.
Non era mai successo che il mondo intero, l’Italia nello specifico, fosse messa in quarantena, neanche durante le guerre mondiali vennero adottate misure di contenimento così restrittive. Noi verremo ricordati per questo: la reclusione per prevenire il contagio da coronavirus, quelli con le mascherine e i guanti, quelli dei flashmob alla finestra, degli aperitivi su Skype e gli abbracci a distanza.
C’è chi questa situazione la sta vivendo in compagnia, con i genitori, con i coinquilini o con i compagni di vita, c’è chi – invece – la sta vivendo da solo. Perché da solo ci vive: i reclusi solitari. C’è chi cucina, chi fa il pieno di serie tv e chi canta al telefono con la nonna.
La reclusione solitaria di Paola – abbraccerò anche i cactus
Tra i reclusi solitari c’è Paola Leo ha 31, fa la social media manager e brand strategist per uno studio di design e comunicazione, vive a Siena ed è in quarantena solitaria da una settimana e qualche giorno.
«Trapanese, fieramente legata a Messina (dove ha frequentato l’Università) sono a Siena dal 2013, in quarantena solitaria da una settimana.
I miei genitori vivono e lavorano in provincia di Trapani e non li vedo da Natale. Il pensiero di tutelare loro e la mia terra mi ha convinto a starmene buona a Siena, a casa mia, seppur in solitudine.
Grazie a centinaia di video chiamate e di Instagram stories quotidiane, sono in contatto con i miei amici molto più adesso che in altri periodi, quando eravamo tutti presi da mille impegni. Ora, molti di loro sono in ferie forzate, io ho la fortuna di poter continuare a lavorare. In fondo a me basta un pc con una connessione stabile.
Temo per le prossime settimane. L’etichetta dello smart working bello, figo e super moderno, mi ha imbruttito, costretto a reggere il peso delle costanti notizie negative, con l’ansia della famiglia a distanza e la necessità di performare sul lavoro. E come me anche tutti gli altri, a vantarsi di essere proattivi e intraprendenti mentre in fondo tentiamo tutti di schiacciare via la paura a colpi di meme. Poi penso anche ai tanti amici che lavorano negli ospedali, medici e infermieri, che rischiano molto più di me che mi lamento dal salotto di casa. E per un attimo mi placo.
La reclusione solitaria di Paola – non vedo l’ora di tornare dai miei bambini
Guardo Netflix, serie tv per lo più, leggo quei libri che da tanto tempo erano appoggiati sul mio comodino, cucino (…e mangio, tanto), faccio un’ora di sport al giorno che – oltre a farmi sentire meno in colpa per quello che mangio – mi aiuta a scaricare un po’.
La reclusione solitaria di Nino Cucinotta – speriamo di rivederci presto
La reclusione solitaria di Federica Bonomo – canto al cellulare con mia nonna
Vi lascio con la mia poesia/mantra per i momenti di panico, la primavera è già qui, mentre l’estate arriva
sempre ed è invincibile».
Mia cara,
nel bel mezzo dell’odio
ho scoperto che vi era in me
un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime
ho scoperto che vi era in me
un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile tranquillità.
Ho compreso, infine,
che nel bel mezzo dell’inverno,
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa
quanto duramente il mondo
vada contro di me,
in me c’è qualcosa di più forte,
qualcosa di migliore
che mi spinge subito indietro.
(Invincibile estate di Albert Camus)
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