Un lupo addenta la Trinacria mentre il popolo di Messina, raffigurato sotto forma di pecore, si inchina impaurito: è questa l’immagine comparsa nelle scorse ore sui social e che, pur risalendo agli anni del Risorgimento, sembra avere le carte in regola per far discutere ancora oggi.
Si tratta di una vignetta, simboleggiante la repressione borbonica della città dello Stretto, pubblicata sul giornale satirico “Don Pirlone” nel settembre del 1848, conservata al Museo Centrale del Risorgimento di Roma e condivisa – insieme ad altre stampe d’epoca – sulla pagina Facebook “Costruire storie. Una piazza per la public history” creata e gestita da un gruppo di storici del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina (Dicam) nell’ambito di un progetto più ampio di divulgazione scientifica, ma non solo.
Per capire meglio di cosa si sta parlando, cosa rappresenti l’immagine e in che contesto sia stata realizzata, abbiamo interpellato uno degli ideatori della pagina, Raffaele Manduca, professore di Storia Moderna al Dicam: «Durante il Risorgimento – spiega – Messina ricopre un ruolo rilevante; è tra le prime a ribellarsi al regime borbonico e a sostenere le proprie rivendicazioni democratiche combattendo per più di sei mesi. Non è un caso che la sua caduta susciti l’interesse di un quotidiano stampato nella Roma rivoluzionaria del 1848-1849».
«È chiaro – prosegue il professore Manduca – che non si discute la legittimità e il significato della rappresentazione, che nasce in un contesto preciso, ed è figlia di un atteggiamento e di un momento storico particolare. L’immagine, tuttavia, colpisce in quanto non dice la “verità” di Messina e dei messinesi che, contrariamente a ciò che si evince dalla stampa, vivono sei mesi di intensissima esperienza rivoluzionaria, non da pecore, ma tra rivendicazioni democratiche e lotta estrema».
Ma quindi, se Messina in realtà ha affrontato una dura battaglia, perché viene rappresentata come un gregge di pecore impaurito? «Perché – chiarisce Manduca –, a nostro parere, in un momento di forti tensioni e speranze qual è stato quello della Primavera dei Popoli, la fine di Messina ha suscitato tra i rivoluzionari una cocente delusione e ha indotto a un giudizio troppo feroce».
La città dello Stretto, in realtà, aggiunge Manduca «è stata insignita della Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento nazionale nel 1898. Non è senza significato, inoltre, sottolineare l’atteggiamento, tutt’altro che remissivo, avuto dai messinesi in altri passaggi cruciali della loro storia come la rivolta antispagnola del 1674».
Per quel che riguarda, invece, le motivazioni che hanno spinto il gruppo di studiosi dell’Ateneo peloritano a condividere sui social la vignetta, si tratta di un lavoro nato in vista della partecipazione alla III Conferenza Nazionale di Public History che si terrà dal 25 al 28 giugno a Santa Maria Capua Vetere.
«La pagina Facebook “Costruire storie. Una piazza per la public history” – spiega, infine, Raffaele Manduca – nasce all’interno di un progetto dal basso che coinvolge figure di operatori culturali del territorio (studiosi locali, archivisti, bibliotecari, professionisti della comunicazione) e si propone di condividere sui social in maniera interattiva con un pubblico il più possibile ampio, immagini, temi, fonti, argomenti di discussione relativi al ruolo delle emozioni e delle passioni nel vissuto quotidiano delle rivoluzioni, e ancora della storia del territorio e delle identità».
Obiettivo dell’iniziativa, e conseguentemente della pagina Facebook collegata, è appunto quello di coinvolgere un pubblico di “profani” nella costruzione e nell’interpretazione del passato, aprendo a tutti, dagli appassionati ai curiosi, le porte di un’immaginaria officina di storia.
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