In pochi lo sanno ma a Messina c’è un Museo della Vara, dedicato esclusivamente alla festa che ogni 15 agosto porta in riva allo Stretto migliaia di persone, che custodisce al suo interno cimeli di grande valore storico e memoriale, dalle stampe e dalle incisioni d’epoca, alle antiche medaglie, fino ai reperti un tempo parte della grande machina votiva.
Quasi nascosto all’interno di Palazzo Zanca, a una parete di distanza dall’Antiquarium e, purtroppo, non aperto al pubblico se non su richiesta, il Museo della Vara – in realtà una mostra permanente – è stato realizzato quattro anni fa, reso visitabile per poco tempo e poi chiuso. Oggi non lo si può visitare se non su richiesta o in occasioni speciali, come per esempio durante l’ormai annuale manifestazione culturale “Le vie dei tesori”. Ma, accompagnati da uno dei principali esperti della storia di Messina, nonché membro del Comitato Vara, Franz Riccobono e dai colleghi Marco Grassi e Nino Di Bernardo, abbiamo potuto dare un’occhiata ai cimeli custoditi per presentarne una piccola anteprima.
La mostra permanente dedicata alla Vara di Messina è stata allestita per la prima volta quattro anni fa e, spiega Franz Riccobono: «Raccoglie alcune centinaia di reperti riguardanti la festa del 15 agosto. Si tratta di incisioni, medaglie, raffigurazioni di vario tipo, dipinti di produzione antica e moderna, pubblicazioni e documenti. In poche parole, di tutto ciò che nel corso del tempo ha avuto attinenza con la tradizione della Vara».
All’interno dei due locali dedicati al Museo i reperti presenti, sebbene un po’ sacrificati dagli spazi ristretti, sono suddivisi in aree tematiche che consentono di avere un quadro più chiaro dei diversi aspetti che ruotano attorno alla Processione della Vara. Nella prima sala è possibile osservare alcuni vecchi elementi della Vara, dai seggiolini su cui venivano posizionati i bambini (si ricorda che, un tempo, i personaggi che abitavano il carro erano in carne e ossa), ad elementi decorativi ormai sostituiti.
«In diverse incisioni – ha chiarito Franz Riccobono illustrando le opere presenti – è raffigurata l’Assunzione in cielo di Maria, attorno alla quale sono riuniti gli apostoli, attraverso la Dormitio Virginis rappresentata secondo la tradizione Bizantina. Dopodiché si passa a tutto quanto riguarda il carro dell’Assunta a partire dalla raffigurazione più antica, ovvero l’incisione del 1644 del Samperi, che lo mostra attorniato dai personaggi che un tempo animavano la Processione».
Ma la tradizione della Vara è strettamente legata a quella dei Giganti, Mata e Grifone che, spiega ancora Riccobono «testimoniano il passaggio dalla supremazia del clero orientale a quella del clero latino avvenuto a Messina nel ‘500. Le due figure gigantesche a cavallo rappresentano, una, Mata, la chiesa latina, la chiesa del Papa; l’altra, Grifone, la chiesa orientale di Costantinopoli, dei grifones (i greci), vale a dire gli ortodossi».
E ancora, scorrendo con lo sguardo le stampe appese alle pareti è possibile osservare incisioni di Michele Panebianco, prime pagine di giornali nazionali dedicate alla festa messinese, documenti che ricordano la Vara di Randazzo e quella di Palmi. «L’ultima sezione – spiega Franz Riccobono – riguarda la Madonna della Lettera, con incisioni, litografie, cromolitografie risalenti al ‘600, al ‘700 e all’‘800».
All’interno delle bacheche posizionate al centro della sala, invece, sono custodite riviste e pubblicazioni, gadget e, infine, medaglie che riguardano l’Assunta, la Madonna della lettera e il Duomo: «Quest’anno – ricorda Riccobono – ricorre il 90esimo anniversario dell’apertura al culto della Cattedrale di Messina. Molti pensano sia dedicata alla Madonna della Lettera perché è la protettrice della città, ma in realtà il Duomo è consacrato all’Assunta».
Insomma, nel Museo della Vara di cimeli da vedere e storie da raccontare ce ne sono tante. Le due sale e i tesori custoditi al loro interno potrebbero attirare la curiosità, sì, dei turisti, ma soprattutto dei messinesi, che da sempre fanno della Vara parte del proprio patrimonio identitario.
«Tutte queste cose servono – conclude Franz Riccobono –, se esposte meglio, con uno spazio più ampio e un apparato didascalico migliore, a dare un’idea delle origini e del significato di questa straordinaria festa che si svolge ogni 15 agosto. È un Museo che andrebbe incrementato, potenziato, pubblicizzato. Purtroppo è chiuso perché non c’è personale che possa tenerlo aperto».
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