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ATM. Campagna replica a MessinAccomuna: «Solo un cumulo di farneticazioni»

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«Con ATM l’Amministrazione Accorinti ha operato senza nessuna logica amministrativa, civile e societaria»: rispondono così il presidente dell’Azienda Trasporti di Messina, Giuseppe Campagna e il presidente della Commissione liquidatrice, Pietro Picciolo, alle accuse di MessinAccomuna.

Nella giornata di ieri il laboratorio di partecipazione civica ha inviato una nota stampa accusando il sindaco di Messina, Cateno De Luca, di essersi preso meriti non suoi: «Chi c’è adesso – hanno scritto – ha stravolto il sistema del trasporto pubblico locale, ha mortificato le professionalità dell’azienda, ha licenziato i lavoratori interinali dichiarando illegittima la loro assunzione salvo procedere a nuove assunzioni interinali, infine ha posto in liquidazione la società. Appropriarsi di meriti non suoi è una disciplina in cui De Luca eccelle». Al centro dello scontro, la sentenza vinta da ATM sulle differenze riconosciute dalla Regione per i contributi chilometrici dal 2012 al 2016 e il conseguente rimborso.

Secondo Campagna e Picciolo, quanto contenuto nel comunicato di MessinAccomuna, altro non sarebbe che «un cumulo di farneticazioni sulla gestione di ATM».

ATM, è di nuovo scontro con MessinAccomuna

Così Giuseppe Campagna e Pietro Picciolo rispondono alla nota di MessinAccomuna: «In primo luogo, occorre ricordare che l’Azienda Trasporti di Messina era tecnicamente fallita già dal lontano 2009, quando il fondo di dotazione era stato completamente lacerato e depauperato a danno di tutta la collettività, creando un danno erariale che a quell’epoca ammontava a 18 milioni di euro per perdita del capitale sociale conferito dal Comune di Messina».

«L’Amministrazione Accorinti – proseguono – ha amministrato questa azienda per cinque anni senza la minima diligenza.  Dopo la delibera di messa in liquidazione del 2012 votata dal Consiglio Comunale, si sono mossi senza nessuna logica amministrativa, civile e societaria e trovando il più illecito dei modi – ovvero una delibera di giunta che senza passare dal consiglio comunale rimette in bonis la società – passando dalla fase di liquidazione ad una fase di ordinaria amministrazione, dimenticando passaggi importanti tra cui quello di coprire le enormi perdite accumulate fino al 2012 e poi inserite per differenza tra perdite e patrimonio sociale di circa 32 milioni di euro, senza bilanci approvati dal lontano 2003 e senza una benché minima pianificazione dei debiti previdenziali e fiscali che dal 2012 al 2018 sono aumentati  di circa il 600%».

«Hanno così consegnato – continuano – al nuovo C.D.A. nominato dal sindaco Cateno De Luca una situazione debitoria nei confronti dei fornitori di circa 17 milioni di euro e debiti fiscali e previdenziali per circa 53 milioni di euro, così come rappresentato dai liquidatori nel piano di liquidazione presentato a novembre del 2019 e certificato da documenti ufficiali emessi dalla Agenzia delle Entrate e dalla Riscossione Sicilia Spa, i cui contenuti fanno rabbrividire».

La questione dei bilanci, secondo Campagna e Picciolo

Punto cruciale della nota del  Presidente della Commissione liquidatrice, Pietro Picciolo, e del Presidente di ATM Giuseppe Campagna è quello dei bilanci: «Bilanci mai approvati e mai trasmessi al Consiglio Comunale per la loro approvazione, atti omessi, illeciti ed illegittimi che hanno distrutto una azienda e che hanno permesso ai più furbi di fare carriera ed ai politici di cercare consensi con la falsa narrazione di un’azienda rilanciata e con i concorsi “elettorali” per l’assunzione di 75 interinali. Non si parla di errori di valutazioni o di decisioni affrettate, ma siamo davanti ad una costruzione artefatta della realtà con il solo scopo di fare del male alla collettività e cercare di mantenere equilibri che non era possibile mantenere».

«Anziché vantarsi dei salvifici effetti di una sentenza – aggiungono –, questi ex amministratori che si nascondono dietro l’anonimato, dovranno prepararsi a dare molte spiegazioni. A cominciare dagli artifizi contabili con i quali i bilanci della azienda per tre anni consecutivi riportano risultati di esercizio positivi in maniera da poter giustificare la delibera di giunta, che annulla la delibera di liquidazione del 2012 e rimette in bonis la società».

«Il problema – proseguono – sta proprio nelle modalità con cui i bilanci sono stati miracolosamente sanati ovvero apportando delle variazioni positive legate a sopravvenienze attive per stralcio di debiti nei confronti del Comune; una tra le tante una operazione di finanziamento di circa 7 milioni di euro concessa dall’Ente proprietario e poi nel 2017 annullato per una transazione tra l’ente stesso e l’azienda, che contiene due operazioni illegittime che rappresentano un danno erariale verso la collettività: aver finanziato una azienda in perdita con un capitale di meno 39 milioni di euro ed aver poi rinunciato a detta anticipazione a novembre del 2017 appostando nel bilancio del 2016 una sopravvenienza di 4 milioni di euro che ha permesso di impacchettare un bilancio con un utile di esercizio e quindi mettere in piedi la famosa delibera di giunta che ha rimesso in bonis l’azienda speciale. Un accordo tra Ente (Signorino) ed azienda (Foti) sottoscritto a novembre del 2017 e riportato nei bilanci del 2016, ovvero una manifestazione numeraria che matura nel 2017 che viene riportata nel bilancio del 2016, operazione illegale proprio per la situazione in cui si trovava l’azienda».

La liquidazione di ATM Messina

Sulla questione della liquidazione di ATM, tirata in ballo da MessinAccomuna, Campagna e Picciolo rispondono che: «Sin dal suo insediamento il Sindaco De Luca ha iniziato una battaglia per sostenere la liquidazione dell’azienda speciale che è stata approvata con delibera del Consiglio Comunale e successivamente proseguita con la nomina dei liquidatori, che nei termini previsti dallo statuto sociale hanno presentato il piano di liquidazione che rappresentava la situazione patrimoniale dell’azienda con circa 70 milioni di euro di debiti e circa 30 milioni di euro di crediti rappresentati in parte anche dai crediti nei confronti della Regione per la causa per gli anni dal 2012 al 2016 per i rimborsi chilometrici, una operazione che è stata regolarmente censita dai liquidatori nel piano di liquidazione».

«La mancata approvazione del piano di liquidazione – aggiungono – ha obbligato i liquidatori (e non il Sindaco né tantomeno il Consiglio Comunale) a presentare la richiesta di liquidazione coatta amministrativa proprio per la natura dell’azienda e per lo stato di insolvenza conclamata vista la impossibilita di onorare tutti i debiti. Sono molte le indagini penali, amministrative, erariali e fiscali che sono in corso e che speriamo faranno conoscere nei prossimi mesi gli esiti attesi, che potranno ridare dignità ad una azienda derubata della sua natura di azienda pubblica, utilizzata da pochi per interessi personali, il cui destino fallimentare è stato voluto da amministratori incompetenti e senza nessun rispetto per la città di Messina. E solo all’esito di tali ulteriori verifiche – da parte delle Autorità competenti – si potrà scrivere la parola fine sulla incredibile favola della azienda “rinata” che da oltre due anni siamo periodicamente costretti ad ascoltare».

«Oggi – concludono Campagna e Picciolo –, invece, esiste un’azienda, ATM SpA, che può programmare la propria attività in maniera serena, provvedendo con regolari procedure selettive a nuove assunzioni, con regolari procedure di gara ad acquistare nuovi mezzi e, soprattutto, a tenere i bilanci in ordine senza ricorrere ad artifizi contabili».

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