Pietro Lo Monaco lascia, questa notizia è vecchia, oltre che “attesa”. Il disimpegno del patron del Messina, che si è detto disposto a cedere la squadra a costo zero, è di qualche giorno fa.
All’orizzonte nessun imprenditore, locale o no che sia, pare interessato ad una squadra che, a onor del vero, non ha certo giocato una stagione entusiasmante ma che, nonostante tutto, è la squadra di Messina, è “il” Messina, e quindi non può essere abbandonato.
Così, i tifosi, quelli che allo stadio ci vanno sempre e nonostante tutto, hanno avuto un’idea: l’azionariato sociale.
Idea che, in effetti, non è nuova: esistono alcuni esempi eccellenti nella recente storia calcistica europea e italiana.
Il Barcellona, campione d’Europa, con i suoi circa 173mila soci, costituisce il più grande esempio di azionariato popolare nel mondo.
Per rimanere in Italia, dal 2011 con l’Us Ancona 1905 (oggi in Lega Pro), è divenuta di proprietà dei tifosi.
La pagina Facebook “Salviamo il Messina con l’azionariato popolare” ha raccolto in poco tempo quasi 2.800 “mi piace” dagli utenti interessati alle sorti del club giallorosso, lanciando anche su Twitter gli hashtag #Salviamoilmessina e #SaveAcrMessina.
Mercoledì, due persone che gestiscono la fan page da cui tutto è cominciato, si incontreranno a Milano con degli specialisti di “crowdfunding” (letteralmente “finanziamento collettivo”), per capire meglio come sviluppare un eventuale azionariato popolare legato al mondo del calcio.
In pratica le quote della società sportiva diventerebbero di proprietà dei tifosi, che, possedendo anche una sola azione, godono di tutti i diritti e i doveri per legge spettanti al singolo socio.
Al Messina, per affrontare dignitosamente la prossima stagione, facendo dei conti molto approssimativi, potrebbero bastare 20mila “tifosi-azionari” che investissero solo 200 euro ciascuno.
Duecento euro per salvare una passione non sono molti. Ora la palla passa ai tifosi.
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