Da “Rete Civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno” riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato: “Avendo nell’oggetto sociale lo sviluppo infrastrutturale di Sicilia, Calabria e Lucania, abbiamo ritenuto doveroso assistere al comizio finale di Matteo Renzi nella sua qualità di Presidente del Consiglio, alla festa dell’Unità di Catania. Grazie all’attenzione ai nostri temi dimostrata dall’assessore Bosco e dal sindaco Enzo Bianco, ci è stato persino consentito l’accesso con lo striscione: “Ponte: infrastrutture e sviluppo”. Pur essendo consci che l’intervento di Renzi avveniva nel contesto di una festa di partito riservata ai militanti, non possiamo non esprimere la delusione per aver sentito citare la Sicilia solo nelle premesse e nella rivendicazione della organizzazione del G7 a Taormina nel 2017.
Non una parola sullo sviluppo economico dell’isola, sul recupero del gap infrastrutturale con il NORD dove in 10 anni sono stati investiti oltre 100 miliardi per l’ammodernamento dei collegamenti strategici dei corridoi europei TEN T, con: varianti, passanti, valichi, trafori, TAV, Expo e Mose, contro i 0 miliardi spesi sotto Napoli e Bari, salvo il prossimo, e non intero, completamento della Salerno Reggio Calabria, costato molto meno in proporzione alla Variante di Valico o alle previsioni della galleria Torino Lione.
Abbiamo assistito a una relazione incentrata su sfide intestine del PD, senza alcun accenno ai problemi del SUD vittima di un’occupazione che da 156 anni lo ha trasformato in colonia d’Italia.
Nessuna visione strategica, né una parvenza di cambiamento degli investimenti pubblici verso territori sempre più irraggiungibili e diseconomici. Lo stesso richiamo a capziose asimmetrie tra il numero di turisti delle Baleari e la bellezza delle coste siciliane, è una chitarra scordata che non appassiona.
Per tale motivo, pur ritenendo la riforma costituzionale e le diverse prerogative del Senato, trasformata in “Camera delle Regioni” positiva per il paese, in mancanza di un patto preciso per i territori marginali sotto Bari e Napoli, preferiamo il disimpegno da una riforma indifferente a un terzo del paese.
Tra ‘SI’ e ‘NO’ diciamo ‘FORSE’ al referendum per argomenti che non riguardano le “COLONIE ITALIANE”.
Un’ultima considerazione territoriale: il PD messinese appare del tutto autoreferenziale, incapace di una minima progettualità legata allo sviluppo, con una partecipazione non significativa per un partito di maggioranza relativa. Mero equilibrismo di alcuni preoccupati di porre a repentaglio la propria posizione. La presenza sparuta di qualche unità di Messina come rappresentanti della cd. “corrente renziana”, ne è la dimostrazione. Pensare di restare in pochi per garantirsi spazi parlamentari sganciati dalle preferenze e dal consenso, è il segnale di una mera sostituzione di nomi ma non di una inversione delle logiche particolari contrarie al territorio.
Rete Civica continuerà il suo impegno e la sua crescita basata sulle idee e non sulla occupazione di “posti”, quel sistema che, dall’unità d’Italia, ha mortificato il SUD in cambio di posizioni e vantaggi personali”.
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