Qui qualcosa non torna e siamo di fronte a un voltafaccia politico di
quelli da manuale. A dirla tutta: l’intero caso dell’ospedale Piemonte di Messina è da manuale. Partiamo dal sindaco Accorinti, principale
responsabile della Sanità in città, che prima firma una delibera con cui blinda il pronto soccorso del Piemonte, e poi esprime soddisfazione per il trasferimento del punto nascita al Papardino. Insomma, da un lato blinda e dall’altro brinda. Contradditorio ma senza stupire, il nostro sindaco. Quanto lo sia, infatti, è già apparso evidente nell’agosto 2014, quando propose di
trasformare il Piemonte in un poliambulatorio, spostando il polo materno infantile al Papardo. E il paradosso è che la proposta era stato frutto di sedute straordinarie destinate alla difesa dello stesso ospedale Piemonte. In pratica una beffa.
Che poi andrebbe spiegata la logica della scelta. Collegare la chiusura dell’importante Presidio del centro città con ‘esigenze di spending review’ o con quella di mantenere il punto nascita al Papardo è a dir poco assurdo, come si volessero penalizzare i cittadini del centro della città.
Sensato l’intervento, ieri in conferenza stampa, di Renato Coletta, componente del comitato ‘Salvare l’ospedale Piemonte’: “Il Papardo – ha detto – dista ben 13 km dallo svincolo autostradale con un tempo di percorrenza di almeno 40 minuti. La maggioranza dei cittadini andrà quindi ad affollare il Policlinico, compresi gli abitanti della provincia, visto che lo stesso ospedale di Milazzo è in palese difficoltà. Per allestire il punto nascita del Papardino è stato speso 1 milione di euro, cifra che si sarebbe potuta utilizzare per incrementare l’organico dei pronto soccorso. Il Papardo, inoltre, non potrà garantire 1000 parti l’anno con il serio rischio di perdere anche il reparto di terapia intensiva neonatale“.
Ecco di cosa stiamo parlando. Numeri, distanze, tempi di percorribilità per le emergenze, tutti dati che avrebbero dovuto incidere sulla scelta finale, ma ha prevalso, invece,la logica politica, quella che ha poco a cuore le sorti del cittadino.
Lo ha detto ieri il presidente della Regione,Crocetta, all’Ars, dove del Piemonte si è parlato tanto. Ecco il suo discorso: “Il tema è tutto politico, è inutile impelagarci in tecnicismi, a noi interessa trovare una soluzione per salvare l’ospedale Piemonte. Il governo è riuscito a bloccare le azioni del manager dell’ospedale,finalizzate alla chiusura del Piemonte, e la legge lo avrebbe pure consentito – ha detto Crocetta ai deputati – per l’antieconomicità della struttura -. Ma la chiusura è stata bloccata nelle more dell’iter legislativo. Stasera non ci sono le condizioni per andare avanti. Chiedo di rinviare la discussione a prima del 9 gennaio. Non siamo affezionati ad alcuna soluzione – ha concluso – eccetto che a quella di salvare la struttura per evitare uno scontento di massa per la chiusura di una struttura ospedaliera di cui la gente verrebbe privata”.
Eppure, lo scorso ottobre, l’Assemblea generale siciliana, con 32 voti a favore, 12 contrari e un’astensione aveva trovato la panacea di tutti i mali. Fu detto: “salvato non solo il pronto soccorso ma l’intero ospedale messinese, strategico per gli abitanti del centro”. C’era un però a questo successo di intenti: si era resa necessaria la fusione con l’Irccs Bonino Pulejo. Così, dal disegno di legge presentato un anno prima da Santi Formica (FI), firmato dagli altri deputati messinesi, Bernardette Grasso ( Azzurra anche lei), Beppe Picciolo e Marcello Greco (Pdr), Franco Rinaldi (al tempo Pd), Nino Germanà (Ncd), venne fuori l’aquila a due teste della Sanità messinese: l’Irccs-Piemonte.
Ma si è fermata lì, almeno sin qui . Per la legge Ircs-Piemonte, infatti, ieri è arrivato lo stop all’Ars, e pure tra le polemiche. La bagarre in assemblea regionale è divampata nel merito della attribuzione del patrimonio del Piemonte all’Irccs, prevista dalla stessa legge. Patrimonio che invece, a detta del Ministero della Salute, anche dopo accorpamento al Neurolesi dovrebbe rimanere al Piemonte.
Così abbiamo da un lato Picciolo ( Pdr) che difende la sua creatura dagli attacchi di ‘certa politica’: Una riforma, come quella dell’accorpamento dei due presidi, fortemente voluta da alcuni parlamentari che amano Messina ( Picciolo-Formica-Grasso-Rinaldi-Greco-Germana’), dall’assessore Gucciardi, dalla VI commissione tutta e molto apprezzata dal Ministro della Salute, ha rischiato e rischia di arenarsi a causa di questo ingiustificato, inspiegabile ed insensato atteggiamento dilatorio che
danneggia la sanità messinese ed espone le due Strutture Sanitarie (Papardo e Piemonte) a possibili, ulteriori conseguenze di gestione sanitaria che potrebbero rivelarsi, Dio non voglia, nefaste per i
cittadini.
Dall’altro Zafarana ( M5S): “Le norme presentate da Formica, Grasso & Co. sono incostituzionali e ledono il diritto alla salute. I deputati gettano fango sulla nostra più che legittima opposizione – afferma Zafarana – e fanno credere erroneamente che si rischi la chiusura dell’ospedale”. La parlamentare Cinquestelle ha anche presentato degli emendamenti correttivi che riportano il ddl al rispetto dei rilievi del Ministero. Secondo la deputata, la tenacia nel portare avanti la norma, con annessi gli emendamenti di Formica e Grasso passati in commissione, è testimonianza della volontà di regalare immobili e patrimonio che erano del Piemonte al Centro Neurolesi Bonino Pulejo di Messina, l’Irccs. “E’ indubbia la nostra volontà di garantire il diritto alla salute e mantenere vivo il pronto soccorso, i cittadini messinesi questo lo sanno”.
Questo il tema caldo all’Ars. Se ne riparlerà il 7 gennaio, ma i tempi stringono e per l’assessore Gucciardi stanno per scadere i 90 giorni per varare il decreto attuativo valido a istituire la legge Irccs-Piemonte.
Il tempo stabilirà se, mentre il politico studia, il malato muore o si salva.
Patrizia Vita
(466)