Una storia infinita quella che, da tempo, lega il destino dei laboratori di analisi e della Regione siciliana. Infinita e complessa, fatta di esposti e ricorsi, di tribunali e carte bollate.
Le questioni rilevanti tra i tanti fogli scritti sono solo due: un giudice ha sbagliato e alla Regione mancheranno in bilancio 300 milioni di euro.
Era il 1996 quando la Regione Siciliana decise di adottare un proprio tariffario per le prestazioni di medicina di laboratorio. Quel tariffario rimase in vigore fino al primo giugno del 2013, data in cui entrava in vigore il tariffario “Balduzzi”, economicamente meno conveniente per le strutture accreditate.
In effetti tra il tariffario del 1996 e quello del 2013 ne era stato approvato un altro, quello denominato “Bindi-Turco”. Ma, dal 2007 al 2013 la regione Sicilia non lo recepì: ricorsi al Tar e al Cga, avevano sospeso, infatti, l’entrata in vigore delle nuove tariffe.
Questi ricorsi, alla fine, erano stati respinti, quindi l’assessorato regionale alla Salute, nel 2013, era stato “costretto” a emanare un decreto con la richiesta di restituzione retroattiva delle somme, decisione presa per evitare il danno erariale.
Il decreto regionale fu fortemente criticato dai titolari dei laboratori: con quell’atto, infatti, l’assessore Borsellino chiedeva la restituzione di oltre 200 milioni di euro. Ora, i milioni, col tempo, sono diventati 300. Il recupero è stato in parte già avviato. Il tutto tra le proteste dei titolari dei laboratori di analisi, che paventavano la chiusura di numerose strutture, con il conseguente licenziamento di migliaia di addetti. E, per aggravare la situazione, l’introduzione del “Balduzzi” avrebbe fatto diminuire gli incassi dei laboratori accreditati di circa il 45%.
Il giudice, però, ha sbagliato a respingere i ricorsi, quindi il recupero delle somme si deve necessariamente stoppare.
A dirlo lo stesso Cga, che ha revocato la sentenza emessa tre anni prima dallo stesso organo di giudizio aministrativo, con la quale era stato respinto il ricorso contro l’entrata in vigore del tariffario Bindi-Turco e contro il Piano di rientro della Sanità.
Secondo il giudice che nel 2012 aveva respinto il ricorso dei laboratori, l’impugnazione della sentenza non era giunta entro i termini fissati dalla legge. Ma, secondo il nuovo giudice del Cga, si tratta di un errore: il giudice non si sarebbe accorto che i laboratori, impugnando l’Accordo attuativo del Piano di rientro, che era l’atto “generale”, avevano anche impugnato tutti gli atti che da quello discendono, compreso il tariffario Bindi. Il giudice aveva ignorato che, su quell’atto, pendeva già un ricorso, presentato in tempo utile. Così, ecco la revoca della sentenza.
E, da questo, da un errore di “giudizio”, si arriva al secondo punto saliente della storia: i 300 milioni che mancheranno al bilancio della Regione, e così sarà fino all’esito di un’altra sentenza del Tar.
Ma i piccoli laboratori dovranno consorziarsi: i titolari delle strutture, infatti, chiedevano l’annullamento del decreto col quale l’assessorato alla Salute aveva disposto nuove soglie minime in termini di prestazioni. Solo rispettando queste soglie, sarebbe stata garantita la convenzione.
Le strutture d’analisi, per rimanere attive, dovranno garantire almeno 100mila prestazioni annue a partire da gennaio 2016 e 200mila annue dall’inizio del 2018. I laboratori non in grado di garantire questi “numeri” dovranno consorziarsi per mantenere l’accreditamento. Il Tar ha, infatti, respinto il ricorso delle strutture. Solo 6 mesi per decidere: o unirsi in consorzio o chiudere.
Mimma Aliberti
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