Ricorre oggi il ventitreesimo anniversario dell’uccisione, per mano di “cosa nostra”, di Paolo Borsellino, solo 57 giorni dopo dalla morte, sempre per mano della mafia di Giovanni Falcone.
Un anniversario, quello del 2015, caratterizzato da un clima tutt’altro che quieto, tutt’altro che sereno e partecipativo.
Di tre giorni fa lo scandalo delle “ancora presunte” intercettazioni tra il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta ed il proprio medico e amico, Matteo Tutino. Un’intercettazione, quella messa sotto i riflettori dall’Espresso, in cui Tutino avrebbe auspicato per l’ex assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino, la stessa fine del padre. Fine, quella di Paolo Borsellino, che ha coinvolto anche 5 agenti della scorta, fine che si è consumata con una Fiat 126 imbottita di esplosivo in via D’Amelio.
Oggi tante le manifestazioni per ricordare Borsellino, per ricordare gli uomini e la donna della scorta, per non dimenticare. E tante le attestazioni anche della politica, come quella del capogruppo del Pdr all’Ars, Beppe Picciolo.
“A ventitré anni dalla strage di via D’Amelio è sempre vivo il ricordo di Paolo Borsellino: magistrato scrupoloso che ha saputo contrastare la mafia con la forza del diritto e l’intelligenza di uomo che ha amato la sua terra tanto da sacrificare la propria vita per il riscatto morale e sociale della Sicilia”, afferma Picciolo.
“Credo che le commemorazioni di questi giorni debbano necessariamente ricondursi al testamento morale di Paolo Borsellino: la lotta alla mafia – ricorda Picciolo citando il magistrato – non va relegata all’opera delle forze dell’ordine e della magistratura, ma deve essere un movimento culturale che coinvolga tutti ed abitui a sentire il fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso, della contiguità, dell’indifferenza e quindi della complicità”.
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