State tutti pensando che ci piace vincere facile e vogliamo essere onesti: sì. Lo Chef Pasquale Caliri è davvero un ospite prezioso per il nostro Natale 2020.
La cucina, infatti, non poteva mancare per uno speciale tutto dedicato alle Feste, perché stare a tavola non significa solo mangiare bene, secondo le tradizioni, ma anche tornare a vivere momenti di socialità, che al tempo del coronavirus, sono davvero rari.
«Siamo un’espressione continua del nostro animus, della nostra storia, della nostra cultura ed educazione. Quindi anche in cucina ciò che faccio non può non affondare nel profondo. Ed il mio profondo è fatto di Sicilia». L’intervista allo Chef Pasquale Caliri.
Pasquale Caliri e la Scuola Internazionale di Cucina Italiana
Pasquale Caliri è Chef del Marina del Nettuno Yachting Club di Messina, Ambasciatore del Gusto, Piatto d’Argento dell’Accademia Italiana della Cucina, membro di Euro-Toques (Unione Europea dei Cuochi) e selezionato all’interno della Guida Michelin.
La prima domanda che vogliamo fargli è quando ha capito che la cucina sarebbe diventata la sua professione.
«Quando ho compreso – racconta Caliri – che dovevo puntare tutto sulle mie sole capacità. La cucina è uno dei pochi baluardi di meritocrazia. O sai cucinare o sei fuori, non c’è nulla che tenga. In un mondo fatto di spinte e raccomandazioni non è poco».
La cucina, quindi, non è mica un luogo così semplice. Lo sa bene Caliri che si è formato in Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, una delle più prestigiose scuole italiane con Rettore il Maestro della Cucina Italiana Gualtiero Marchesi.
«Formarsi in Alma – continua Chef Caliri – è stato fondamentale, è una grande scuola ma certo va affrontata con lo spirito e l’energia giusta. Una grande scuola non può supplire un impegno tiepido. Ricordo quando passava Marchesi e mi tremavano le mani, non riuscivo nemmeno a chiudere un raviolo. Gli dissi: “Maestro, o si allontana o questa pasta non riesce”.
Mi porto in cucina la sua idea di semplicità: mai tanti ingredienti, sapori distinti, quasi essenziali. E poi rigore, assoluto rigore, la cucina è fatta di studio e tecnica rigorosa chi sostiene il contrario mente».
Lo Chef e la Sicilia
Studio, tecnica rigorosa ma anche tradizione, quella siciliana, nei piatti di Pasquale Caliri. «Quando parli, pensi, crei, agisci, cosa fai se non metterci del tuo? Siamo un’espressione continua del nostro animus, della nostra storia, della nostra cultura ed educazione.
Quindi anche in cucina ciò che faccio non può non affondare nel profondo. E il mio profondo è fatto di Sicilia. Mio nonno aveva un’industria di pesce in scatola, la mia famiglia commerciava agrumi, mia madre si alzava all’alba per fare dolci. Casa mia era visitata dai mezzadri che portavano formaggi e frutta dalla terra, i miei bisnonni giravano per i campi a bordo di mulo. Sono cose che ti restano, come tutto ciò che verrà dopo, studi compresi».
Chi vi scrive non ha mai assaggiato un piatto dello Chef Caliri, ma molti – critici ed esperti – sostengono sia davvero una cucina sofisticata. «Non so che significato lei dia alla parola “sofisticata”. Certo, mi attrae l’arte, l’estetica, la bellezza, sono visioni che porto nei piatti e mi piace farlo. In questo senso sì, è sofisticata».
Pasquale Caliri in cucina
Ma uno Chef avrà degli assaggiatori di fiducia? «I miei ragazzi intanto. Sono loro coi quali mi confronto, sono loro la vera energia del grande motore che è una cucina professionale.
Poi anche il personale di sala e i collaboratori. Ne scelgo alcuni in particolare perché so che “hanno gusto”, che non è prerogativa di tutti».
E in cucina cosa non può mancare? «In cucina non può mancare la costanza, la pazienza e il rigore ma se si riferisce ad un ingrediente l’olio. Se la immagina lei una cucina senza un grande olio di oliva?».
La cucina preferita dello Chef
Ma tra le cucine straniere, quale apprezza di più per gusto e lavorazione delle materie prime? «Adoro la cucina orientale, è espressione di grande cura ed attenzione. Spesso sottostimata per via delle cattive interpretazioni occidentali. Tutta la cucina asiatica per esempio, grande coniugazione di alimenti vegetali, animali con leva sull’umami, il quinto gusto».
E la cucina italiana è ancora la più grande del mondo? «Abbiamo una grande cucina e ne andiamo fieri, anche se troppo spesso in giro per il mondo presentiamo versioni “imbastardite” che tradiscono la nostra grande eccellenza. Qui subentra il nostro compito di cuochi per tenere alta la guardia. Ecco il rigore di cui le parlavo.
Mangiare è un atto civico, non dobbiamo dimenticarlo, è cosa più importante che fare classifiche. Ci sono cucine sorprendenti in molte parti del globo. Imparare che il mondo non gira intorno a noi ci fortifica».
Il Natale dello Chef Pasquale Caliri
La ristorazione sta affrontando un periodaccio, così come altri settori produttivi del Paese. «Non so se ci sarà un menu di Natale visto l’altalenarsi delle bizzarre decisioni del Governo che ha scelto di puntare l’indice contro la nostra categoria. Comunque pesce sicuramente, se penso ad un piatto penso ad un piatto di mare o a un dolce. Tanto pesce, quindi, e golosi dessert».
E i progetti per il 2021? «Il futuro si presenta sempre sotto forme a volte poco intelligibili, la scommessa è appunto saperci guardare dentro. Credo che ancora la gastronomia abbia tanto da dare e prenderà forme oggi appena timidamente accennate come l’e-commerce, le ghost kitchen, la robotica stessa. Vale anche per il fattore esperienziale e umanistico, anche qui c’è ancora tanto da dare. Dobbiamo stare dentro il presente ma con gli occhi e la mente ben proiettati sul futuro».
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