Orti, giardini e foreste, ricordi della Messina antica
Può sembrare strano, considerate le condizioni in cui versano oggi le ville comunali di Messina, e in generale le aree a verde della città, dalle singole aiuole ai piccoli parchi sparsi tra centro e periferia, ma – ci racconta Franz Riccobono – l’interesse per la natura, l’attenzione per giardini, piante e per la botanica originale, in città ha origini antiche.
«Quando nel ‘500 fu costruito il Grande Ospedale Riunito – spiega Riccobono –, una porzione di quell’enorme struttura, che comprendeva più dell’attuale sede del Tribunale, fu dedicata alla coltivazione di piante medicinali. Inoltre, dove oggi c’è la via Quod Quaeris (salendo da piazza San Vincenzo, ndr), in antico vi era un monastero a chiusura della valle, che creava una sorta di grande serra con un suo microclima. Grazie a questa particolarità, al suo interno era possibile coltivare piante particolari e farle maturare anche fuori stagione. Lì andavano, per esempio, le puerpere a cercare prodotti che altrove non si trovavano. L’ingresso di questo giardino botanico era sovrastato da una grande lapide marmorea, recante un’iscrizione, da cui prende il nome la via stessa e che recitava “Quod quaeris vinto habes”. Vale a dire “Ciò che cerchi, qui lo troverai”». Il riferimento era alla fede cristiana, ma si prestava alla perfezione anche alla funzione svolta dall’orto, in cui era possibile, appunto, trovare ciò che si cercava.
Una prima forma documentata di giardino pubblico a Messina, racconta Franz Riccobono, sorse a valle del grande Palazzo Reale di Messina, nella zona del Piano di Terranova, dove oggi si trova la Stazione Centrale: «Lì, dal ‘500 vi era un grande giardino di pertinenza del Re e del Viceré, cui però potevano accedere anche i cittadini».
Inoltre, prosegue Riccobono: «Sulle colline di Camaro, in prossimità di Messina, esisteva fin dal tempo dei normanni, una Foresta Reale, una riserva di caccia abitata da cinghiali e cervi, utilizzata dai reali, e soprattutto da Federico II, che lì aveva la sua casina di caccia. Questa stessa foresta si poteva raggiungere dalla via Tommaso Cannizzaro». A questo proposito, una piccola curiosità: «Il nome stesso del “Portalegni” – ci racconta – nasceva dal fatto che a ridosso, sulle colline, c’era il bosco in cui i cittadini messinesi potevano esercitare lo ius legnandi, il diritto di raccogliere i rami secchi caduti dagli alberi».
Villa Flora (poi “Mazzini”): il primo vero giardino pubblico di Messina
Un primo vero e proprio giardino pubblico a Messina, stando alla documentazione disponibile, risalirebbe ai tempi dei Borbone. «La prima documentazione circostanziata circa la realizzazione di un vero e proprio giardino pubblico – racconta Franz Riccobono – riguarda quello comunale voluto dai Borbone nella prima metà dell’Ottocento. Si chiamava “La Flora”, comprendeva la parte dell’attuale Villa Mazzini, che fino al Terremoto del 1908 confinava con l’asse di via Garibaldi. La zona tra la Capitaneria di Porto e il distributore, inoltre, faceva parte della villa, perché l’ultimo tratto della via Cavour non esisteva».
«Villa Mazzini – prosegue – sorgeva sull’area che anticamente era detta il “Piano di San Giovanni”, un piazzale molto grande, a ridosso della Chiesa di San Giovanni, dove c’era una fontana che veniva utilizzata per lavare i tessuti. All’epoca presentava un basamento in pietra con pilastri decorati agli ingressi. La base in pietra dell’attuale recinzione di Villa Mazzini è quella originale del periodo borbonico, mentre i pilastri non ci sono più. La cancellata era una cancellata artistica con motivi decorativi, era fusa in ghisa e quasi identica alla recinzione che oggi si conserva a Piazza Marina a Palermo. La cancellata attuale è quella rifatta dopo la seconda guerra mondiale».
Per quel che riguarda la vegetazione all’interno di Villa Mazzini, «già al tempo – specifica Riccobono c’erano le piante che ci sono tutt’ora sia a Messina che nel Capoluogo di Regione».
Lo “Chalet” e la Passeggiata a Mare
Nello spazio occupato oggi dalla Fiera vi era, invece, lo “Chalet”: «Sia qui che nella Villa Flora, l’Amministrazione Comunale del tempo organizzava cicli di concerti. Allo “Chalet”, infatti, c’era un grande padiglione a cupola in ghisa che serviva da cassa armonica, che in pratica faceva da amplificatore».
«La Passeggiata a Mare – spiega ancora Franz Riccobono –, che confinava con lo “Chalet”, viene realizzata nel 1932. Nel 1937, in occasione della seconda visita di Mussolini a Messina, viene aggiunto lo sbarcadero, ad anfiteatro, tutto in pietra. La cosiddetta Passeggiata a Mare iniziava a Torrente Boccetta e si congiungeva con quello che era stato lo “Chalet”, poi divenuto sede della Fiera di Messina.
Prima del terremoto l’Orto Botanico, che era al Grande Ospedale, viene trasferito nell’attuale sede. Il vecchio Orto Botanico comprendeva anche la parte bassa oggi occupata da piazza XX settembre e dai padiglioni dell’Università, alla fine di via Felice Bisazza. Era più del doppio di com’è adesso, ma nel tempo è stato ridimensionato».
(Foto dell’archivio di Franz Riccobono e Giangabriele Fiorentino)
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D’accordissimo a questi progetti purché non facciano la fine di quel poco verde che abbiamo: ricettacolo di rifiuti, ratti e insetti spesso causati dall’incuria e poca attenzione di qualche cittadino.