Dario Tomasello, associato di Letteratura italiana contemporanea all’ Università di Messina, figlio dell’ex rettore, è stato abilitato professore ordinario dalla Commissione di Valutazione del Miur. Sin qui non sarebbe altro che una ‘promozione sul campo’, routine nel percorso di un cattedratico. Non per Tomasello. Per lui è la rivincita sulla vicenda che lo ha visto coinvolto, accusato di plagio in sede di concorso.
Nel febbraio 2014, il rettore Pietro Navarra trasmette al Miur, Ministero per l’Università e la Ricerca, un esposto inoltratogli da un docente dell’ateneo messinese, Giuseppe Fontanelli, escluso dal concorso ( vinto da Tomasello) per l’abilitazione da professore associato ad ordinario. In pratica, il collega accusava il vincitore di avere copiato testi del professore Giuseppe Amoroso, che avrebbe inserito in una serie di pubblicazioni che gli sarebbero state utili per il punteggio a titoli. Della pratica ne fu informata anche la Procura di Milano.
Due anni dopo, febbraio 2016, la commissione di valutazione ha deciso di non modificare il giudizio: Tomasello è confermato vincitore del concorso ed è abilitato ordinario. Una decisione che il giornalista Gianantonio Stella, sul Corriere della Sera, ha ritenuto grave e di pessimo esempio per gli studenti.” Proprio educativo, per insegnare agli studenti a non copiare”- scrive ironicamente Stella.
Dario Tomasello replica così al giornalista:
“Leggo con profondo sdegno l’articolo a firma di Gian Antonio Stella pubblicato oggi sul Corriere della Sera dal titolo “Il prof copia ma non perde il concorso”. Il giornalista, infatti, commentando una notizia vera e cioè che la Commissione del Ministero ha ritenuto di “non modificare il giudizio di abilitazione già reso nei confronti del
prof. Tomasello”, invece di scusarsi con il sottoscritto, ingiustamente diffamato e accusato da anni di un plagio che invece nella realtà non esiste, mi attacca nuovamente dicendo che quella decisione sarebbe frutto, quanto meno, di un palese errore. Tutto questo rappresenta un’ingiusta persecuzione ed è per me inaccettabile. Ho quindi conferito mandato ai miei legali per intraprendere tutte le opportune e dovute azioni, affinché venga affermata e ripristinata la realtà dei fatti e perché si metta la parola fine ad una vicenda tanto grave quanto per me calunniosa”.
Patrizia Vita
(1790)