Tesori nascosti e musiche dal passato per il Conservatorio Corelli che, da una ventina d’anni, ripara e riporta in vita vecchi pianoforti, grazie al laboratorio ideato dal Maestro Beppe Santamaria, docente di contrabbasso, e al lavoro svolto con i suoi studenti.
«Solitamente, soprattutto nel pubblico, quando una cosa non va più si butta – ha spiegato il Maestro Santamaria. Noi abbiamo deciso di andare un po’ controcorrente in questo senso, occupandoci direttamente del restauro e della manutenzione del nostro parco strumenti». Un’idea che col tempo si è rivelata vincente, non solo perché permette di risparmiare sulla manutenzione, altrimenti affidata a ditte esterne e di assicurarne la qualità, ma perché offre un’opportunità di apprendimento e approfondimento pressoché unica per gli studenti. Inizialmente organizzato in corsi, il “Laboratorio di restauro pianoforti” è diventato, infatti, dal 2010 una vera e propria materia, inserita nel piano di studio di chi si specializza in pianoforte. In questo modo viene data ai ragazzi la possibilità di crearsi una formazione più completa, di capire, lavorando dall’interno, quali sono i meccanismi che portano alla produzione del suono, maturando così una conoscenza a 360 gradi dello strumento con cui si confrontano quotidianamente. Un’opportunità non sempre a disposizione di tutti, perché, come ha chiarito il maestro, gli altri conservatori italiani non dispongono di strutture del genere. Alcuni dei pianoforti riportati in vita nel corso di questi anni di attività, oggi, si trovano nelle aule e vengono usati giornalmente per lo svolgimento delle attività didattiche. Un’occasione unica, insomma, a cui i ragazzi del Conservatorio hanno partecipato e partecipano con grande coinvolgimento e curiosità.
Oltre alle foto, ricordo dei primi lavori, ai pianoforti in attesa di restauro e alle tesine degli studenti, il laboratorio nasconde altre sorprese, altre musiche che si affacciano da un passato sempre più lontano. È il caso di uno strumento, un autopiano (o pianoforte meccanico) di fine ottocento, restaurato, che il Maestro Santamaria ha messo a disposizione dei propri studenti a fini didattici e che ricorda un po’ il sistema dei carillon, ma in scala decisamente più grande. Si tratta di uno dei primi metodi utilizzati per riprodurre la musica, non in maniera sintetica, come un disco, ma in maniera reale. Permette di ascoltare un componimento così come si ascoltava tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, come si faceva ai tempi del cinema muto, in cui un pianista accompagnava le immagini in movimento seguendone il ritmo, in tempo reale.
Il servizio, per una questione di tempi, è finalizzato esclusivamente al recupero dei pianoforti che fanno parte del parco strumenti dell’Istituto e non è, quindi, aperto ai privati.
Il laboratorio del Conservatorio Corelli, quindi, assomma in sé didattica, manutenzione e restauro, e nasce dalla volontà di tramandare saperi e competenze che si stanno pian piano perdendo. Diventa così possibile recuperare un mestiere ormai in declino, quello del restauratore, e una serie di strumenti che, senza il giusto intervento, rimarrebbero fermi in una stanza, o finirebbero al macero. Il tutto, come ha sottolineato il Maestro Santamaria, conseguenza della passione per la musica, per il lavoro che vi è dietro e per gli strumenti che la rendono possibile.
(638)