Immaginate di aprire il portone di casa e di trovarvi davanti i resti di una chiesa del 1168: una visione fuori dall’ordinario. È uno scenario abituale, invece, per gli inquilini del n.171 di via I Settembre che ogni giorno nell’attraversare l’atrio del proprio palazzo passano sotto gli archi dell’antica Chiesa di Santa Maria del Graffeo e si ritrovano, così, catapultati nella Messina del XII secolo.
Ai tempi, immediatamente successivi allo Scisma d’Oriente che divise il culto cattolico da quello ortodosso, la Chiesa, situata proprio a due passi da Santa Maria la Nuova (oggi il Duomo), servì per ospitare il Clero Greco e venne denominata “Cattolica” (Katholiki), perché, come accadeva con le chiese non latine più importanti, ottenne il privilegio di possedere un battistero. La Madonna del Graffeo, cui fu poi intitolata la chiesa, indicava, in greco, la Madonna della Lettera, che anche allora veniva celebrata il 3 giugno.
Al suo interno, come indicato sul pannello posizionato accanto al portone d’ingresso dal Comune di Messina, erano presenti: un’acquasantiera scolpita a bassorilievo risalente al XIV secolo; il fonte battesimale che, sorretto da una colonna in marmo di epoca ellenistica (oggi al Museo Regionale), riportava l’iscrizione in greco “Ad Esculapio e ad Igea servatori tutelatori della città”. La dedica testimonia il culto, un tempo diffuso a Messina, di Esculapio (in greco, Ascelpio), divinità guaritrice della mitologia greca, e di Igea, sua figlia e dea della salute.
Come diversi edifici messinesi, anche la Chiesa di Santa Maria del Graffeo fu fortemente danneggiata dal terremoto del 1908. Oggi ne rimangono solo le “due campate gotiche con volta a crociera su colonne angolari e peducci, inglobato nell’edificio privato”.
I resti di questa antica Chiesa, ancora oggi illuminati in maniera suggestiva, sono solo uno dei tanti tesori nascosti di Messina, che testimoniano l’antica bellezza della città dello Stretto, la sua vitalità e centralità, e invitano turisti e passanti a tenere sempre gli occhi aperti nella speranza di incappare, per caso, in altre meraviglie del passato.
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