Giampiero Cicciò ci racconta il debutto di “Molto rumore per nulla” al Teatro Vittorio Emanuele

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Grande attesa per la prima di “Molto rumore per nulla”, che stasera debutta al Teatro Vittorio Emanuele. Lo spettacolo – dopo il musical “Bellini Black Comedy”, realizzato all’interno del Festival dedicato al compositore Vincenzo Bellini – è la seconda produzione dell’Ente teatrale di Messina.

A guidare il cast tutto messinese è Giampiero Cicciò, che stavolta indossa i panni del regista. Noi lo abbiamo intervistato a poche ore dal debutto e ci confessa che per stemperare la tensione mangerà una granita o «forse due».

La prima di “Molto rumore per nulla” al Teatro Vittorio Emanuele

Quasi tutto pronto per la prima di “Molto rumore per nulla”, tragicomedia di William Shakespeare ambientata a Messina, che andrà in scena al Teatro Vittorio Emanuele e sarà in replica fino al 24 ottobre. La traduzione, l’adattamento e la regia sono affidati a Giampiero Cicciò artista messinese che finalmente – dopo “Lei e Lei” – torna nel teatro di casa sua.

Noi lo abbiamo intervistato per sapere del suo “Molto rumore per nulla”, di cosa manca ancora al comparto culturale della città e cosa direbbe la signora Losaccio (mitico personaggio che per anni ha delineato un profilo perfetto dei messinesi, grazie anche al programma radiofonico in onda su RadioStreet “MessinScena” condotto da Manuela Modica).

L’intervista a Giampiero Cicciò, il regista di “Molto Rumore per Nulla”

Giampiero, a poche ore dal debutto, cosa fa per rilassarsi? «In questo caso penso che mentre gli attori saranno al trucco, io mangerò una granita, forse due, con panna e sicuramente due brioches calde in uno dei bar in zona Teatro Vittorio Emanuele».

Ci racconti del suo “Molto rumore per nulla” e perché la scelta di questo spettacolo? «È una scelta nata con Simona Celi, direttrice artistica della Sezione Prosa, tra una rosa di testi che piacevano a entrambi. Amo questa commedia, questo capolavoro perché unisce la comicità a quelle tematiche proprie di molte tragedie di Shakespeare e che lui tratta in un modo che lo rendono un nostro contemporaneo. E immortale».

Sono tutti molto contenti del cast interamente messinese, è stata una scelta obbligata o naturale? «Naturale come è naturale che una città si ricordi dei suoi figli più ricchi di talento che vivono e lavorano altrove. Molti di loro per la prima volta calcano il nostro palcoscenico pur avendo già lavorato nei massimi teatri italiani. E di questo bisogna andarne fieri».

Le piacerebbe fare il direttore artistico del Teatro Vittorio Emanuele, che tipo di teatro proporrebbe? «Un teatro come quello che amava Shakespeare. Popolare e coltissimo, di intrattenimento ma che sia uno specchio sul quale riflettere le nostre vite».

Cosa manca, secondo lei, al Teatro Vittorio Emanuele e più in generale al comparto culturale della città? «Al Vittorio Emanuele da sempre manca una compagnia stabile e poi la forza di far girare seriamente in tournée le proprie produzioni. Ma mi sembra che questa governance si stia muovendo anche in tal senso. La città culturalmente è oggi ad un livello non altissimo. I migliori spesso non vivono più qui, purtroppo».

Quando tornerà la signora Losaccio e cosa direbbe dell’attuale situazione messinese? «“Oh, figghia, gioia, ma picchì a Missina, cu tutti i guai c’avèmu, facìti ‘nu spittaculu di ‘stu Sceccu?!”. “Non Sceccu, signora, Shake-spe-are!”. “Oh, figghia, gioia! Peggiu! ‘Nu spettaculu di Scecchi e Sbirri! Ma non vi veggognate?! I missinisi, oggi come oggi, sunnu tutti ‘ntelliggenti e sautafòssa. Non ci ‘ntrasi nenti di nenti ‘stu Scecchi e Sbirri! Facète una bella sagra di linticchi! Che sunnu leggere e non ‘ntùppunu l’intestìna comu i cìciri”».

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