Dal Rio delle Amazzoni, alle rovine di Babilonia, sulle acque del Mediterraneo fino a Messina: le mappe disegnate dal cartografo Joan Martines ci raccontano il mondo così com’era immaginato e interpretato nel ‘500. Lavorava alla corte dell’Impero di Filippo II, le sue origini sono oscure, ma tutto punta sulla città dello Stretto. Vi mostriamo (con il supporto di chi di se ne intende) la sua storia.
Prima, però, occorre fare una piccola premessa biografica. Come dicevamo, le origini di Joan Martines sono tutt’altro che chiare. Tra gli studiosi, c’è chi ritiene fosse catalano; chi invece ritiene che Joan Martines avesse sì origini catalane, ma fosse di Messina. Prova ne sarebbero le sottoscrizioni apposte alle sue mappe, dove la dicitura era “Joan Martines en Messina” durante i suoi anni di attività in riva allo Stretto. Nelle mappe realizzate a Napoli, si firmava come “Joan Martines de Messina en Napoles”. Tanto ci basta, quindi, da un punto di vista biografico e per il momento lasciamo il dibattito agli storici.
A fornirci un ritratto del misterioso cartografo, passando obbligatoriamente attraverso le sue mappe e riscoprendo – tra le altre cose – una Messina antica, sepolta, ma mai realmente dimenticata, è la pagina Facebook “Costruire storie. Una piazza per la public history” creata dalla cattedra di Storia Moderna del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina e curata dal professor Raffaele Manduca e dai dottori Placido Currò e Nino Teramo.
Partendo dall’America Centrale e poi sorvolando «le fredde terre dell’Estotiland e del Norumbega disegnate da Zeno, dove convivono l’isola della fortuna e l’isola del demonio», “Costruire storie” ci racconta il mondo com’era attraverso le splendide mappe del cartografo misterioso, per arrivare a mostrarci le acque agitate dello Stretto e la città che sorgeva, e sorge, in riva a quel mare un tempo patria di mostri e di segreti.
Il VIDEO è disponibile a questo link.
«Dalla punta del Faro – ci racconta Costruire storie –, in ultimo, lo sguardo si getta sulla falce, difesa dal San Salvatore: superba, Messina dà spazio al lavoro e all’opera di Joan Martines, accoglie e proietta l’immaginario del suo tempo, il sentire di un mondo che perde i vecchi confini, che si scopre incognito, che si distende su un orizzonte di cambiamenti epocali, dallo spazio fisico alle strutture mentali degli uomini, riordinando la dimensione del reale, mentre già altrove mutano i giochi e i rapporti di potere».
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